Il Pd: una continuazione (ben riuscita) del Pci?

Pubblicato il 8 Maggio 2010 alle 04:07 Autore: Bertram Wooster

1) Se l’idea che ha portato alla nascita del Pd era quella di ricreare una nuova, grande forza che facesse da perno e “faro” del centrosinistra, la scommessa è stata sostanzialmente vinta. Il Pd certo non riesce a fare il pieno delle sue potenzialità, ma pure in annate difficili, come le ultime due, si conferma forza paragonabile, per estensione e diffusione, a quella del Pci;

2) Il Pd è effettivamente riuscito ad aggregare una parte consistente dell’elettorato moderato. Lo dimostra il fatto che ha percentuali simili al Pci pur avendo molti più concorrenti alla sua sinistra.

3) Il Pd, rispetto al Pci, appare più forte nelle zone da sempre meno favorevoli (Lombardia, Veneto, ma anche Lazio e Puglia). Almeno dal punto di vista elettorale, il radicamento del Pd al Nord è superiore a quello del leggendario “Pci dei militanti”. Di conseguenza Il Pd è meglio “spalmato” a livello locale, e quindi ha caratteristiche più simili a quelle di un grande partito nazionale, e che di una forza “appenninica”, come sostiene malevolmente Tremonti.

4) L’amalgama tra ex comunisti e cattolici quindi, al contrario di quel che diceva D’Alema, appare ben tutto sommato riuscito, e non particolarmente problematico (almeno a livello puramente elettorale).

5) La concorrenza a sinistra non è affatto un dato negativo, anzi è potenzialmente una forza, se si vuole tentare di governare un Paese con una coalizione. Certo, per ora i numeri non sono sufficienti, ma nulla esclude che un giorno potranno esserlo. Forse il vero problema è il frazionamento dei gruppi a sinistra del Pd, divisi tra loro e troppo piccoli per creare consenso in modo autonomo.

pd

Tutto bene quindi? No, certo. I problemi del Pd restano tutti, e li conosciamo bene. Però non sono problemi di “esistenza” o “radicamento”, o almeno non più di quanti ne abbia avuto il Pci nella sua storia. I dirigenti del partito, invece di contorcersi in polemiche bizantine sulle forme organizzative, sognare nuove “ripartenze” del progetto Pd, o far balenare dannose scissioni, farebbero meglio a valorizzare, anche con l’opinione pubblica e con i propri stessi simpatizzanti, i discreti risultati raggiunti dal Pd nei primi tre anni di vita. L’attuale forza elettorale e insediamento sociale non è sufficiente per vincere, ma è un eccellente punto di partenza, una forte leva per diffondere le proprie proposte nella società e accrescere i consensi. Lo strumento, il partito, come si è visto, esiste. Forse sono i progetti e le proposte che mancano, ma questo è un discorso diverso…

 

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