Tradimento virtuale: come funziona e quando è addebito nella separazione

Pubblicato il 20 Marzo 2020 alle 17:15 Autore: Claudio Garau

Tradimento virtuale via internet: quando rileva secondo la giurisprudenza e quali comportamenti portano all’addebito della separazione?

Tradimento virtuale come funziona e quando è addebito nella separazione
Tradimento virtuale: come funziona e quando è addebito nella separazione

Oggigiorno, le relazioni virtuali o instaurate e intraprese tramite internet non sono affatto una rarità. Tanto da mettere in crisi molte coppie sposate. La domanda che di seguito vogliamo porci è pertanto la seguente: è possibile parlare di separazione con addebito per infedeltà o tradimento virtuale? Ovvero una serie di messaggi “compromettenti” e che rivelerebbero la conoscenza non superficiale di una terza persona, al di fuori del legame matrimoniale, possono essere ritenuti una valida ragione per interrompere il legame matrimoniale? Vediamo di seguito quali risposte sono desumibili dalla giurisprudenza sul punto.

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Tradimento virtuale: quando si rileva in concreto? Il rilievo della giurisprudenza

In effetti la questione merita certamente un chiarimento: sono tante le persone che, magari annoiate o deluse da una relazione matrimoniale poco soddisfacente, trovano o cercano di trovare sfogo in chat virtuali, e-mail e messaggi più o meno espliciti. Ma tutto questo può costituire fondamento per chiedere la separazione per tradimento virtuale? Oppure invece è sempre necessario l’incontro materiale e intimo delle persone che si sono contattate virtualmente?

Per capire quale peso ha un tradimento virtuale, è opportuno ovviamente tener presente il contributo della giurisprudenza degli ultimi anni, la quale – com’è facilmente intuibile – non è mancata in materia. Anticipiamo anche che oggigiorno una delle maggiori cause o concause delle rotture dei legami matrimoniali, è appunto data dalla scoperta della chat con una terza persona e del tradimento virtuale nascosto.

Ebbene, per capire se ci sono responsabilità per un’eventuale separazione con addebito e quindi con attribuzione di colpa, è necessario considerare la varietà dei casi concreti, non essendo possibile affermare alcunché a priori. Insomma un rapporto instaurato via internet può essere considerato tradimento virtuale, ma anche non esserlo. A dare utili orientamenti a riguardo è stata, come anticipato, la giurisprudenza degli ultimi anni, e in primis quella della Cassazione.

Pertanto, è stato sancito che una mera corrispondenza in tono amichevole, pur se continuata nel tempo, non è ragione sufficiente per parlare di tradimento virtuale. Viceversa, può esserlo se il tono dei messaggi e delle comunicazioni diventa decisamente più intimo e privato: insomma, se da temi come lavoro e tempo libero, si inizia a parlare invece utilizzando frasi che rivelano, in modo più o meno chiaro, un coinvolgimento emotivo o una vera e propria attrazione per il proprio interlocutore, ciò può rivelarsi prova di infedeltà coniugale e di vero e proprio tradimento, seppur reso noto in forma “virtuale”. Non rileva insomma la lunghezza delle conversazioni e delle chat, bensì il tono o la forma, che può alludere o meno a qualcosa che va oltre il semplice dialogo amichevole.

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Il punto della Cassazione sul tema: quali sono le conseguenze?

Sono i giudici, di volta in volta chiamati a decidere sulla fondatezza di accuse per tradimento virtuale, a dover stabilire se si tratti davvero di infedeltà, oppure no. Come ha ribadito la Corte di Cassazione in una sentenza di qualche anno fa, la separazione con addebito scatta e può quindi essere disposta, laddove:

  • sia in gioco un adulterio vero e proprio;
  • oppure siano plausibili sospetti fondati di infedeltà, con comportamenti che possano anche ledere la dignità e l’onore dell’altro coniuge, tenuto conto delle modalità esteriori con cui il rapporto con una terza persona è venuto a galla.

In quest’ultima ipotesi, si può far chiaramente rientrare anche il cosiddetto tradimento virtuale. Ciò che però va rimarcato è che dalla conoscenza virtuale deve trasparire non soltanto un tono amichevole, bensì un coinvolgimento sentimentale e/o fisico. Insomma, un legame platonico non può essere considerato fondamento di una separazione con addebito; può esserlo invece l’ipotesi per la quale una persona sposata conosce su internet una terza persona e con essa, in un secondo tempo, inizia una frequentazione reale, attraverso cioè comportamenti evidenti a tutti e che, almeno potenzialmente, possono ledere l’onore e il decoro del coniuge tradito. Tanto basta insomma per far valere l’addebito della separazione; secondo i giudici infatti è sufficiente anche una mera “infedeltà apparente e supponibile“, perché la legge dà rilievo alla reputazione della persona, in quanto la relazione extraconiugale, pur non ancora entrata nel vivo, è stata resa nota in pubblico.

Ma quindi quali sono le conseguenze pratiche della separazione per tradimento virtuale? Sono due e assai rilevanti sul piano dei rapporti della coppia: se infatti il magistrato accerta il tradimento virtuale, sancisce l’addebito come attribuzione di responsabilità verso il coniuge traditore, e condanna l’infedele a non avere diritti sull’eredità del coniuge tradito, in caso di suo decesso post rottura del legame matrimoniale; inoltre, il traditore non può neanche domandare l’assegno di mantenimento, anche se senza reddito o nullatenente.

Concludendo, c’è tuttavia un aspetto ulteriore di cui dover tenere conto. Per poter attribuire l’addebito al coniuge traditore – con le conseguenze appena ricordate – è sempre necessario stabilire che il tradimento virtuale e online è stato la causa scatenante della crisi matrimoniale. Pertanto, se in corso di causa viene appurato che la ragione della fine del legame è un’altra (ad esempio maltrattamenti in famiglia), ciò non può configurare il tradimento virtuale come causa di addebito e quindi di colpa per la separazione. Esso sarebbe piuttosto soltanto l’effetto di una situazione già compromessa per altre ragioni.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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