Assegno di mantenimento e riduzione: quando si può fare?

Pubblicato il 20 Aprile 2020 alle 16:30 Autore: Claudio Garau

Riduzione assegno di mantenimento: in quali ipotesi è auspicabile ottenere la riduzione dell’importo, con provvedimento del magistrato?

Assegno di mantenimento e riduzione quando si può fare
Assegno di mantenimento e riduzione: quando si può fare?

Abbiamo già parlato più volte di assegno di mantenimento, stante la sua estrema e costante attualità. Oggi le coppie che fanno venir meno il legame matrimoniale non sono di certo poche e, pertanto – in caso di separazione – l’assegno di mantenimento costituisce l’obbligo di versamento, continuativo nel tempo, di una somma di denaro da parte di uno dei due ex-coniugi all’altro e/o ai figli (se sussistenti), allo scopo di rispettare il dovere di assistenza materiale. È vero infatti che tale dovere nasce con il matrimonio, ma non decade con la separazione dei coniugi, e quindi con la rottura del legame matrimoniale. Vediamo allora, più da vicino, una questione pratica: quando è possibile ottenere la riduzione dell’assegno di mantenimento? Facciamo chiarezza.

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Assegno di mantenimento: i criteri essenziali per quantificarlo

Come accennato, l’assegno di mantenimento serve a sorreggere l’ex-coniuge che non abbia redditi propri tali da garantire a sè, ed alla prole (se presente), un’esistenza dignitosa. Con tale strumento sarà possibile far fronte a spese come quelle condominiali o del canone di affitto, o le spese per il mantenimento del figlio che va a scuola. Solitamente l’assegno è da corrispondersi mensilmente, ma è il giudice a deciderne le modalità, o eventualmente gli stessi coniugi che si separano, se riescono a trovare un accordo o compromesso. La legge insomma, da questo punto di vista, non ammettere deroghe: sussiste il dovere di contribuire con l’altro genitore al mantenimento dei figli nati nel matrimonio. La regola generale è quella che prevede che ogni genitore è tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento, con proporzionalità rispetto al reddito incassato.

La seguente domanda però è legittima: quali criteri utilizzerà il giudice, per valutare in concreto l’importo dell’assegno di mantenimento? Ebbene, anche in base a quanto indicato da autorevole giurisprudenza, questi sono i criteri fondamentali per quantificarlo:

  • il reddito di ciascun genitore;
  • le esigenze della prole se presente;
  • la permanenza presso un genitore;
  • il tenore di vita del figlio durante la precedente fase di convivenza con la famiglia.

È chiaro che sarà essenziale anzitutto la capacità economica del genitore tenuto a versare l’assegno di mantenimento e l’entità del suo patrimonio. L’importo stabilito dell’assegno, tuttavia, può mutare nel tempo: il magistrato può pertanto mutare la somma da versare, su istanza del coniuge interessato. Vediamo di seguito quando è possibile chiedere efficacemente al tribunale, la revisione o riduzione dell’assegno di mantenimento.

Quando l’assegno può diminuire?

Come sopra accennato, a seguito della quantificazione dell’assegno di mantenimento, se si hanno modifiche nella situazione economica dei coniugi, ciascuno di essi può domandare al giudice la revisione dell’importo, per ottenere un adeguamento alla differente e nuova condizione. Va rimarcato infatti che l’assegno di mantenimento, non permane statico ed identico nel corso del tempo, sia a causa della rivalutazione Istat, sia per circostanze e elementi sopravvenuti che riguardano la situazione patrimoniale della coppia che si è separata. Pertanto, ben può aversi la modifica, in aumento o in riduzione, dell’assegno in oggetto. Quando in concreto è possibile la riduzione? ovvero quando l’ex-coniuge può auspicare di versare di meno all’altro? Come anche chiarito dalla giurisprudenza, sono essenzialmente tre le circostanze che giustificano la riduzione:

  • l’incremento delle capacità economiche dell’ex-coniuge destinatario dell’assegno (perché ad esempio ha trovato un lavoro molto remunerativo o ha ereditato un ingente somma);
  • il decremento delle capacità economiche dell’ex-coniuge tenuto a versare a somma (ad es. perché ha perso il lavoro o la sua società è fallita);
  • la creazione di un nuovo nucleo familiare con un nuovo partner.

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Proprio quest’ultimo punto è stato ben inquadrato dalla Corte di Cassazione, la quale ha acclarato che avere dei figli con un’altra persona legittima la richiesta mirata a diminuire l’assegno di mantenimento. In altre parole, avere una nuova famiglia e altri figli è un diritto che trova tutela nella Costituzione e va dunque rispettato. Non è necessario che si celebri un nuovo matrimonio, è sufficiente anche una convivenza di fatto: comunque con nuovi figli, aumenteranno le esigenze e i costi. Ne conseguirà, secondo la Cassazione, che sarà ben possibile chiedere al magistrato competente la riduzione dell’assegno di mantenimento rivolto ai figli nati dal precedente legame.

Concludendo, l’assegno di mantenimento non potrà comunque essere ridotto a zero: dovrà trovarsi un contemperamento di differenti esigenze, sia quelle del nuovo nucleo, sia quelle del precedente nucleo. Sarà comunque il giudice a stabilirlo, secondo la procedura di cui all’art. 710 c.p.c., disponendo con sentenza la variazione dell’assegno. Secondo la Cassazione, la concessione della riduzione della somma, non comporta però anche il diritto alla restituzione di quanto versato nel periodo precedente.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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