Dossier: il caso Ruby

Pubblicato il 22 Febbraio 2011 alle 23:42 Autore: Francesca Petrini
caso ruby 2012

Il Tribunale dei ministri è quindi un collegio avente esclusivamente funzione inquirente: istruisce il processo e non ha a che fare con i giudici né col giudizio. In tal senso, il richiamo operato da Berlusconi al suo “giudice naturale”, facendo riferimento al Tribunale dei ministri e a ciò che dice la Costituzione in proposito, conduce a considerazioni improprie: la formula “giudice naturale” fa infatti riferimento a uno dei principi basilari dello Stato di diritto, che la Costituzione cita nel primo comma dell’articolo 25 nel senso che “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. La ratio alla base della norma è quella dell’imparzialità del giudice e della sua scelta: in sostanza, si stabilisce che i giudici devono essere scelti in base a criteri oggettivi di modo che non siano soggetti a discrezionalità e sia garantito che nessun cittadino possa essere perseguito da un organo appositamente dedicato dopo la commissione di un determinato fatto. Questo perché la legge deve indicare chiaramente i criteri di principio in base ai quali si può predeterminare quale organo giudiziario è competente a valutare una certa questione: il giudice naturale precostituito per legge è, quindi, il giudice competente secondo i criteri stabiliti dalla legge, ed è uno solo. Nel caso che vede protagonista il Presidente del Consiglio, il “giudice naturale” di Berlusconi è quello competente per il supposto reato di concussione: il Tribunale di Milano. Non può dunque essere il Tribunale dei ministri, i cui competenti, che hanno svolto le indagini, non possono oltretutto partecipare alle ulteriori fasi del procedimento.

Ora, se accusa e difesa non sono concordi sulla competenza, a chi spetta stabilire la ministerialità di un presunto reato? Il giudizio sulla ministerialità del reato spetta ai pm, perché sono loro che hanno in mano le carte e decidono se procedere o trasmettere tutto al Tribunale dei ministri. Si noti che ciò non significa che il Parlamento non abbia voce in capitolo, e proprio a questo proposito l’ultima sentenza della Corte Costituzionale in materia (n. 241 del 2009) stabilisce che “all’organo parlamentare non può essere sottratta una propria, autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria, né tantomeno la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale”. Non irrilevante è stata quindi la scelta della Giunta per le autorizzazioni a procedere che, a fronte della richiesta di via libera per la perquisizione negli uffici di Giuseppe Spinelli, contabile di fiducia del Premier, con decisione adottata 11 voti contro 8, ha rinviato alla procura di Milano gli atti del caso Ruby, sostenendo che il reato di concussione contestato “sembra di natura ministeriale” e, di conseguenza, mettendo un’ulteriore ombra sulla competenza ad indagare del Tribunale di Milano, quasi “veicolandola” al Tribunale dei ministri.

Il rito immediato

Il passaggio successivo delle vicende analizzate poteva comportare, da parte della Procura di Milano, la trasmissione del fascicolo al Tribunale dei ministri, oppure la rivendicazione della competenza. Come è noto, la scelta è stata in questo secondo senso. Il comunicato dell’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Cristina Di Censo, ha dato infatti notizia del decreto con cui si dispone, ai sensi degli articoli 453 e seguenti del codice di procedura penale, il giudizio immediato a carico di Berlusconi, per i reati di cui agli articoli 317, 61 n. 2 cp. e 81 cpv., 600bis co.2 cp., davanti al Tribunale di Milano, sezione quarta penale, in composizione collegiale per l’udienza del 6 aprile 2011. Si noti che lo stesso articolo 453 c.p.p. pone delle condizioni inderogabili: il pm procede con la richiesta di rito immediato “se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi emesso con l’osservanza delle forme indicate nell’articolo 375, comma 3, secondo periodo, la stessa abbia omesso di comparire, sempre che non sia stato addotto un legittimo impedimento e che non si tratti di persona irreperibile”. È questo proprio il caso del Presidente del Consiglio che, invitato a comparire a gennaio, ha deciso di non farsi interrogare. Il combinato disposto degli articoli 453 e 454 c.p.p. impone poi che il rito immediato debba essere chiesto entro 90 giorni dall’iscrizione nel registro della persona indagata. Ancora, al secondo comma, l’articolo 453 c.p.p. stabilisce che “quando il reato per cui è richiesto il giudizio immediato risulta connesso con altri reati che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario”.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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