Dossier: i professionisti della politica (1)

Pubblicato il 9 Marzo 2011 alle 00:37 Autore: Matteo Patané

Esaminando lo spaccato per regioni, si notano alcuni casi particolari, in cui il tempo medio di permanenza in Parlamento supera i 3.000 giorni: Calabria, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna (dove addirittura si superano i 4.000), Sicilia, Umbria e Veneto. In realtà solo in Calabria, dove la deviazione standard non raggiunge i 2.000 giorni, si può parlare di una classe dirigente veramente vecchia. Negli altri casi emerge invece una situazione diversa, in cui ad uno o più parlamentari storici si affiancano germogli di rinnovamento.

Particolarmente significativa a questo proposito è la tabella che per ciascuna regione ripropone lo spaccato dei gruppi parlamentari, ed è opportuno esaminare nel dettaglio in questo senso alcune delle regioni evidenziate poco sopra.
In Emilia Romagna spiccano i valori di Lega e IdV, che confermano la situazione di falso rinnovamento – in realtà espansione politica – vissuta da queste due formazioni. Colpisce poi il fatto che sia il PdL e non il PD ad avere il valore medio, minimo e massimo più alto: il PdL non ha portato in questa regione nessun nuovo eletto, e anzi continua ad affidarsi ad un sistema di potere di minoranza ormai senescente. Questo fattore è indice dell’incapacità della formazione berlusconiana di costruire una vera alternativa al centrosinistra in questa regione storicamente rossa. Dal canto suo il PD, con tempo medio che è circa la metà di quello del PdL, riesce a sfruttare in maniera accettabile la fidelizzazione dell’elettorato emiliano affiancando a figure storiche come Anna Finocchiaro una serie di new entry.
La differenza di comportamento tra PD e PdL emerge in maniera ancora più violenta se si esamina una regione tradizionalmente di destra come la Sicilia. Anche se qui è il PD a non essere riuscito a condurre in Senato alcun nuovo parlamentare, si vede come l’anzianità di servizio media dei senatori di questa formazione sia nettamente più bassa di quella che si legge alla riga del PdL, che pure può contare in questa regione su un numero quasi doppio di eletti. Anche dove domina dal punto di vista elettorale, quindi, il PdL non sembra in grado di fornire un adeguato rinnovamento della propria classe dirigente.
Esaminando invece la regione a maggiore trazione leghista, il Veneto, si vede in maniera eloquente l’efficienza del Carroccio. PD, PdL e Lega hanno potuto contare tutti su sette senatori eletti, ma tl’anzianità media di servizio passa dai 2.312,29 giorni della Lega ai 3.406,00 del PD ai 3.670,00 del PdL. Se per la Lega il basso valore può essere spiegato con la forte espansione elettorale (da tre a sette eletti), è evidente come sia il PD sia il PdL siano in forte difficoltà in questa regione, proponendo una classe dirigente con un’anzianità di servizio prossima (PD) o addirittura superiore (PdL) ai dieci anni.

Un’ultima tipologia di analisi riguarda infine il sesso. Se desta preoccupazione il fatto che le donne siano solo 58 su 315 – circa il 18,5% – ancora più preoocupazione deve destare il fatto che l’anzianità media di servizio delle senatrici sia solo cinquecento giorni più bassa di quella dei colleghi di sesso maschile.
Il dato che emerge è infatti che le ultime due tornate elettorali, 2006 e 2008, non siano state in grado di fornire un adeguato rinnovamento alla composizione femminile del Senato, che trova in figure ormai storiche come la Finocchiaro, la Bonino o la Poli Bortone ancora i suoi punti di riferimento.

Osservando lo spaccato per sesso legato ai singoli gruppi si vede come la questione delle quote rosa sia l’unica dove il PdL riesce, sia pure in modo forse controverso, a sopravanzare il PD: se è vero che il gruppo femminile del PdL è composto da soli 11 elementi su 134, a fronte dei 33 su 110 della compagine di Bersani, è anche vero che l’anzianità di servizio media per le senatrici berlusconiane sia di meno di 2.000 giorni, a fronte degli oltre 2.500 di quelle del PD. L’impressione che se ne ricava è che il PdL abbia fatto i conti molto più tardi con la questione femminile ma che, correndo ai ripari, abbia superato invece un Partito Democratico troppo adagiato sugli allori, che ha in qualche modo interrotto il trend positivo degli anni precedenti.

Nell’attesa di eseguire la medesima analisi per la Camera dei Deputati, i risultati offerti dal Senato smentiscono quindi seccamente la costruzione – ormai si può dire solo propagandistica – berlusconiana sullo scontro tra “vecchio” e “nuovo”: il PdL è il partito che colleziona i senatori da più tempo presenti in Parlamento, che ha il tempo medio di anzianità parlamentare più alto e che a livello regionale sembra meno di tutti capace di introdurre un rinnovamento; inoltre i dissidenti finiani paiono appartenere mediamente alla fascia più “giovane” degli eletti PdL, introducendo un nuovo ostacolo al futuro del partito berlusconiano, che solo a livello di presenza femminile in aula pare fornire risultati incoraggianti.

Matteo Patané

(Blog dell’autore: Città Democratica)

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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