Come guadagnano i VIP, un articolo che non troverete da nessuna parte

Pubblicato il 18 Novembre 2020 alle 10:36 Autore: Nicolò Zuliani

Tenetevi caro questo post, stampatevelo, imparatelo a memoria, fate qualsiasi cosa. Ma evitate di cascarci.

L’Italia pullula dei cosiddetti volti noti. Vanno dal mondo dello spettacolo a quello politico, da quello dell’opinionismo alle cosiddette “webstar”, che possono essere tizi qualsiasi con grossi account social, youtuber, soubrette da Instagram. Li vediamo a giorni alterni apparire qui e lì, e molti si domandano come si guadagnino da vivere. Alcuni sembra facciano una vita paradisiaca viaggiando per il mondo, altri sono talmente alienati dal mondo del lavoro che molti si chiedono come sbarchino il lunario.

Ve lo spiego io.

Partiamo da questa notizia: il giornale di Brescia ha deciso di non rilanciare più le notizie sulla sua pagina Facebook. Il motivo è la mole di odio, insulti e minacce che si trovavano sotto alle notizie. Il giornale parla di bot, ma credo si sbagli. Semmai erano account falsi. Sia come sia, ogni notizia diventava un pretesto per lanciare epiteti contro qualcuno, di solito un VIP.

Innanzitutto bisogna fare un distinguo. Ci sono i VIP di sangue, cioè quelli che sono in vista per titoli ereditari. Hanno alle spalle famiglie benestanti, sono nati o hanno frequentato determinati ambienti, e possono permettersi di vivere di rendita. Questi non ci interessano. Ma ci sono i tizi qualsiasi che non si capisce dove o come trovino i soldi. Ecco, li trovano in Internet, da me e da te. Ed è anche per questo che le loro sparate o le le loro opinioni sono diventate via via più estreme, più provocatorie e più aggressive.

Si è creato un sistema economico

Funziona così: un personaggio in vista fa una dichiarazione roboante, provocatoria o, detta al vecchio stile, dice una stronzata portentosa. Siccome è provocatoria, i mass media s’affrettano a rilanciarla perché sanno che farà notizia, ovvero visite e commenti. Le persone comuni non sanno nulla di legge e cybersicurezza, o peggio ancora, credono di saperla.

Quindi si nascondono dietro account fasulli e nei commenti lanciano insulti, minacce, diffamazioni più o meno gravi. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone. A quel punto, il volto noto – e il suo legale – perlustrano i social e le sezione commenti dei giornali a caccia di frasi che rappresentano un reato o potrebbero.

Nel “potrebbero” c’è il maggior guadagno

Vi faccio un esempio semplice: “VIP è un figlio di puttana” è un reato. “VIP non ne sa un cazzo” potrebbe. Raccolte queste migliaia, vanno dai Carabinieri e li querelano tutti. I Carabinieri prendono le querele e le sottopongono al GIP, che ne è subissato. Il GIP può dare il non luogo a procedere o rimandare a giudizio, ma tenete presente che per dare il non luogo a procedere serve scrivere la motivazione, per rinviare a giudizio no.

Nel frattempo i Carabinieri si presentano a casa dell’autore del commento – che viene rintracciato in mezzo secondo, indipendentemente da quanto si sia impegnato a mascherarsi – e gli notificano la querela. A quel punto l’autore del commento si deve trovare un avvocato che darà la sua opinione.

Gli avvocati onesti sono pochi, ma più di quanto si creda

L’avvocato onesto vi spiegherà che ci sono due strade. La prima è andare a processo senza sapere con quante probabilità si vince o si perde: il processo durerà anni e bisognerà pagare l’avvocato, le spese del processo, le tasse del processo e, se va male, il risarcimento al VIP e l’avvocato del VIP. C’è quindi la possibilità che dopo due, tre o quattro anni vi arrivi sulla testa una tegola da 150,000 euro che, oltretutto, vi sporcherà la fedina penale. Voi non sapete come sarà la vostra vita tra quattro anni, ma sapete che essere incensurato è bene.

La seconda possibilità è chiedere al VIP di ritirare la querela.

Il vostro avvocato contatta l’avvocato del VIP, spiega che voi non avevate intenzione di offendere il VIP e offrite un risarcimento in cambio del ritiro. Ora, se il vostro commento era del tenore “VIP è un figlio di puttana” oppure “VIP ti devono ammazzare”, al 100% perderete il processo. Questo lo sanno sia il VIP che il vostro avvocato. Se era “secondo me VIP non sa un cazzo” siamo sul 50-50.

In entrambi i casi, la richiesta di risarcimento dev’essere abbastanza allettante da far pensare “cazzo, se me la cavo con TOT è comunque meglio che andare a processo e rischiare di perderne TOTx100”. Quindi si fa una trattativa pro forma, al termine della quale verserete nel conto corrente del VIP una cifra che spazia dai 3000 ai 5000 euro. Ora moltiplicate questa cifra per ogni commento in Internet e avrete la risposta “come guadagnano i VIP?”.

È facile: grassando disperati, arrabbiati, cassaintegrati e disoccupati che li insultano in Internet

È estorsione, dirà qualcuno. In un certo senso sì, ma perfettamente legale, e garantisce un reddito di fascia alta. Purtroppo, per mantenerlo, bisogna dire/scrivere/fare dichiarazioni che possano chiamare i commentatori. A volte bastano una foto in hotel a cinque stelle in Polinesia, altre delle roboanti dichiarazioni politiche.

La gente che viene spennata si guarderà bene dal dirlo in pubblico. Sia perché si vergogna, sia perché non vuole correre il rischio gli ricapiti, sia perché l’avvocato onesto gli fa presente che la folla è sempre dalla parte del picchiatore, mai del picchiato. La folla vuole poter dire “se l’è cercata”. Se un VIP querela uno straccione e gli leva la casa, la folla applaude: se l’è cercata. Il solo modo che ha lo straccione per avere la folla dalla propria parte è picchiare o uccidere il VIP: se l’è cercata.

Ogni volta che scrivete un commento contro qualcuno, dall’altra parte c’è il suo avvocato che sta andando a pesca. Imparate questo, ed eviterete di vedere certi personaggi in resort a cinque stelle mentre voi sarete costretti a dire a vostra moglie che quest’estate non potete permettervi di andare in campeggio.

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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