Quando si parla di lavoro subordinato e come funziona? I fattori chiave

Pubblicato il 4 Gennaio 2021 alle 12:49 Autore: Claudio Garau
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 Quando si parla di lavoro subordinato e come funziona? I fattori chiave

Il lavoro subordinato, ovvero quello svolto da un dipendente nei confronti di un’azienda privata o un ente pubblico, è sicuramente quello più largamente tutelato dall’ordinamento e dalle leggi vigenti. Il punto è che oggigiorno non pochi datori di lavoro propongono o applicano ai lavoratori dei contratti di lavoro atipici per tagliare sui costi, con il risultato che il lavoratore può contare di fatto su meno tutele di quelle che in verità gli spetterebbero. Ma le norme in tema di diritto del lavoro, e la giurisprudenza di Corte Costituzionale e Cassazione, supportano il lavoratore, giacchè quest’ultimo può domandare la conversione del rapporto di lavoro in rapporto con vincolo di subordinazione. Vediamo allora più da vicino e consideriamo quali sono gli aspetti chiave del lavoro subordinato.

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Lavoro subordinato: quali sono i tratti essenziali?

Le regole in tema di rapporti di lavoro tutelano anzitutto il lavoratore giacchè è ben noto che ogni relazione tra lavoratore e datore di lavoro non è equilibrata: infatti la forza contrattuale di quest’ultimo è ben più consistente di quella del lavoratore, che è la parte debole del contratto. Ecco allora che la legge vigente prevede un ventaglio di significative tutele per il lavoratore.

Ciò che va rimarcato è però che non tutti i lavoratori possono contare su una tutela giuslavoristica piena, poichè soltanto ai lavoratori subordinati si applicano tutte le tutele previste dall’ordinamento. Diventa allora importante chiarire quali sono le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato e del contratto collegato.

In buona sostanza, secondo l‘art. 2094 Codice Civile, un lavoratore è subordinato laddove si mette sotto la direzione ed il controllo dell’imprenditore, ovvero il datore di lavoro, e decide di lavorare rispettando tutti suoi comandi e il suo piano di lavoro.

Sintetizzando, sono 3 gli elementi fondamentali del lavoro subordinato, tutti collegati ai poteri del datore di lavoro verso i suoi dipendenti:

  • potere di dare ordini, istruzioni da rispettare e regole riguardanti il lavoro che il lavoratore deve compiere per conseguire la retribuzione, come da contratto e CCNL;
  • potere di controllo, ovvero di accertare che ciascun lavoratore, nell’ambito del lavoro subordinato, agisca secondo quanto impartito dai superiori, per il raggiungimento della miglior performance;
  • potere disciplinare, ovvero di emettere sanzioni (ad es. sospensione) a carico del dipendente non rispettoso del regolamento e di tutto quanto applicato e fatto valere dall’azienda.

Il lavoratore può chiedere la conversione del rapporto di lavoro

Come anticipato sopra, non sono rari i casi in cui il lavoratore dipendente subisce una diversa qualificazione del rapporto di lavoro, di fatto svolgendo mansioni tipiche del lavoro subordinato, ma formalmente essendo qualificato come lavoratore autonomo o co.co.co. Ecco spiegato perchè la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Cassazione hanno, nel corso del tempo, inteso far valere il cosiddetto principio di indisponibilità del tipo negoziale.

In breve, in base a detto principio, quando in un rapporto di lavoro sono rintracciate le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato, le parti non sono mai autorizzate a disporre del tipo negoziale, ovvero della tipologia del contratto. Non possono dunque adottare un diverso contratto (ad es. parasubordinato), per ‘camuffare’ il lavoro e non farlo apparire subordinato sulla carta, cosa che in realtà è. Pertanto, se ciò accade, è diritto del lavoratore tutelarsi e domandare, innanzi al giudice, che il rapporto contrattuale in questione sia trasformato in lavoro dipendente fin dall’origine.

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I fattori-chiave per ottenere la conversione

Abbiamo appena detto che il rapporto di lavoro formalmente deve corrispondere a quello che è in sostanza, senza prevaricazioni da parte del datore di lavoro. Se non è così, il lavoratore ingiustamente penalizzato può rivolgersi al giudice del lavoro, onde far riqualificare il rapporto come subordinato. Ma per farlo, deve sapere quali sono gli aspetti chiave, che gli permettono di chiarire e dimostrare in tribunale che il rapporto è appunto subordinato:

  • vincolo di subordinazione: il lavoratore deve provare che è soggetto alle istruzioni, direttive ed ordini impartiti dal datore, ovvero che non è mai stato libero di svolgere le mansioni secondo le sue spontanee determinazioni;
  • previsione di una retribuzione fissa mensile;
  • utilizzo dei mezzi e strumenti aziendali per poter lavorare (ad es. macchinari, pc, stampanti ecc.);
  • previsione del periodo di ferie;
  • bisogno del permesso per assentarsi dal luogo di lavoro;
  • orario di lavoro predeterminato da altri;
  • compimento della prestazione in un luogo di lavoro indicato dall’azienda.

Concludendo, per il lavoratore dimostrare la sussistenza di ciascuno dei punti evidenziati, significa ottenere con tutta probabilità la riqualificazione del rapporto di lavoro in lavoro subordinato a tutti gli effetti, conseguendo – fin dall’origine – tutte le tutele di legge, previste per chi lavora alle dipendenze.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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