Le elezioni in Iran e le contestazioni del voto

Pubblicato il 16 Giugno 2009 alle 17:58 Autore: Redazione
Ahmadinejad

Vi sono poi i cosiddetti seggi mobili, per gli anziani, gli invalidi, i militari e altre persone che, per vari motivi, non possono recarsi materialmente al seggio: Khalaji fa notare come quest’anno tali seggi siano circa dieci volte maggiori (in numero) delle ultime elezioni. Chiaramente è facile intuire come anche queste “postazioni mobili” siano difficilmente controllabili e potenzialmente soggette a manipolazioni di sorta. Così come è da notare che, per la preferenza sulla scheda, non si possa segnare con un simbolo il nome del candidato prescelto, ma si debba per forza scriverne il nome. Ora, essendovi in Iran circa il 20% di analfabeti, questi si fanno aiutare da volontari reclutati tra i Basij, sicuramente schierati più con i conservatori che con i riformisti. Non sarebbe impossibili,e dunque, anche in questo caso, manipolare il voto e scrivere sulla scheda il nome del candidato presidenziale che si vuole, praticamente all’insaputa dell’elettore analfabeta.

Queste erano le preoccupazioni principali che aleggiavano nell’aria già prima delle elezioni, scaturite semplicemente dall’analisi del sistema elettorale iraniano e dalle sue falle. Se effettivamente Ahmadi-Nejad abbia ricorso a degli espedienti per manipolare il risultato delle urne, per il momento non è dato saperlo. Probabilmente, molti analisti concordano, il Presidente avrebbe vinto le elezioni senza la necessità di ricorrere a brogli elettorali, ma con un margine molto inferiore di distacco rispetto a Mousavi e, forse, in un secondo turno di ballottaggio. Che Ahmadi-Nejad sia ancora popolare al livello da essere rieletto dalla maggioranza degli iraniani non appare inverosimile, quanto invece, gli occhi degli Iraniani, è apparso inverosimile che si sia trattato di un semi-plebiscito. Ciò detto, nessuno, neanche il regime, probabilmente si sarebbe aspettato una reazione da parte dell’elettorato di Mousavi così decisa e plateale. Nessuno si aspettava di vedere cortei di centinaia di migliaia di persone riversarsi nelle strade di Teheran e nessuno si aspettava di trovarsi di fronte ad una repressione così dura, stile Tienanmen.

Lo stesso Consiglio dei Guardiani e la Guida Suprema, il capo di Stato Ali Khamenei, hanno ormai accettato l’idea di rifare un conteggio delle schede, compatibilmente con una formale richiesta in tal senso di Mousavi. Sembra difficile che tale revisione possa portare ad un esito differente, se non nei numeri nella sostanza, da quello attuale. Più che altro si potrebbe tentare, in questo modo, di ridare legittimità ad un risultato che appare ormai acquisito, magari rivedendone le cifre. Ciò che è sicuro è che, comunque vadano le cose, la lezione iraniana dovrebbe servire anche per il futuro, in uno dei Paesi che, nel contesto mediorientale, si vanta di avere uno dei sistemi elettorali più trasparenti e delle libere elezioni, con tanto di imprevedibilità del risultato.
di STEFANO TORELLI
Stefano Torelli è analista geopolitico in relazioni internazionali. Coordina il Programma Medio Oriente dell’Italian Center for Turkish Studies e si occupa del Desk Medio Oriente della rivista di geopolitica Equilibri.net. Collabora con Geopolitica.info, l’associazione culturale Lo spazio della politica e altre testate e centri studio. L’indirizzo del suo blog è http://stefanotorelli.blogsome.com.

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