Le elezioni in Afghanistan: tutto come prima

Pubblicato il 24 Agosto 2009 alle 13:10 Autore: Anna Longhini
Donna in afghanistan

Il Sud del Paese è ancora la fabbrica di eroina per gran parte del mercato occidentale e le colture di papaveri da oppio non possono essere verosimilmente distrutte, a rischio di fare cadere gran parte della popolazione (che di questo vive) in una mseria ancora più grave di quella in cui versa attualmente e, d’altro canto, i signori della guerra e non ultimi i Talebani ricevono ingenti somme di denaro per auto-finanziarsi dal narcotraffico. Allo stesso tempo, anche membri vicini al governo di Karzai paiono essere interessati agli introiti del traffico di droga, producendo una situazione in cui gli oppiacei, vero “oro afghano”, continuano a mantenere trasversalmente gran parte dei gruppi di potere afghani e la loro produzione in crescita non aiuta l’Occidente a stabilizzare il Paese.

Sul piano puramente militare, le truppe straniere presenti in Afghanistan incontrano sempre più difficoltà per via della guerriglia talebana, ormai pienamente riorganizzata dopo la debacle del 2001-2002, a tal punto da essere quasi passata ad una sorta di controffensiva (che, peraltro, sta producendo gli effetti desiderati, se persino in Italia un partito di governo alleato del Premier Silvio Berlusconi, la Lega Nord, fa appelli al ritiro delle nostre truppe dal pantano afghano). Rimane come sempre l’incognita legata al Pakistan ed ai gruppi di estremisti e guerriglieri che da quel Paese confluiscono in Afghanistan per alimentare la resistenza alle truppe di occupazione e tentare di prendere il controllo totale del Paese. Come già si dice da tempo, è forse proprio sul Pakistan e sulle sue aree sud-occidentali che gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero concentrarsi per cercare di vincere questa guerra che sembra essere sempre più logorante.

Un fattore che potrebbe essere un’arma a doppio taglio è rappresentato dall’uccisione dell’influente leader del movimento filo-talebano pakistano Baitullah Mehsud, avvenuta alla vigilia delle elezioni afghane. Se da un lato è stato eliminato un personaggio chiave della destabilizzazione in Pakistan (ideatore dell’asassinio di Benazhir Bhutto), dall’altra i circa 25.000 uomini che costituivano il suo “esercito” potrebbero finire tra i Talebani più determinati ad agire in Afghanistan (mentre il movimento di Meshud faceva della lotta al regime pakistano la sua priorità). In attesa di altri risvolti politico-militari in Afghanistan, l’Occidente dovrà ancora impegnare molti uomini per uscire vincitore dal conflitto in corso e le elezioni hanno semnplicemente segnato un elemento di continuità (rispetto, però, ad una situazione già negativa) con la destsabilizzazione in corso negli ultimi due anni.

di Stefano Torelli