Van Rompuy-Ashton: un ticket al ribasso per la nuova Europa?

Pubblicato il 20 Novembre 2009 alle 19:45 Autore: Livio Ricciardelli

Van Rompuy-Ashton: un ticket al ribasso per la nuova Europa?

Van Rompuy-Ashton: un ticket al ribasso per la nuova Europa?

Il vertice straordinario dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea, riunito nella giornata di ieri a Bruxelles, ha ultimato quel lungo iter che, partito con la firma del trattato di Lisbona nel 2007, ha portato fino alla ratifica del trattato stesso da parte di tutti gli stati membri e alla nomina del primo presidente del consiglio dell’Unione Europea e del ministro degli esteri comunitario (che è anche vice-presidente della Commissione europea).

Un accordo di qualche settimana fa aveva portato ad indicare come “sherpa” della situazione, ovvero coloro che devono guidare e ultimare le trattative, i gruppi politici dell’Unione Europea, che dovevano individuare le personalità più adatte per queste due cariche.

Si è quindi giunti ad un accordo di massima che prevedeva la presidenza del consiglio ad un popolare e il ministero degli esteri europeo ad un socialista. Capi di governo, dell’una e dell’altra parte, ed esponenti di primo piano della politica comunitaria si sono messi al lavoro quindi per trovare una quadra.

Tra i popolari subito spunta fuori un superfavorito: il premier belga Herman Van Rompuy, considerato sicuro europeista e buon mediatore (del resto bisogna veramente essere molto abili nel districarsi tra i lacci e i lacciuoli nella politica belga!). Altri nomi spuntati per questo incarico sono quelli del primo ministro lussemburghese Juncker e di quello olandese Balkenende.

Tra i socialisti gli incaricati a sondare il terreno sono il primo ministro spagnolo Zapatero, il cancelliere austriaco Faymann, e il presidente del Partito del Socialismo Europeo Rasmussen.

Si arriva sostanzialmente a due candidati: l’italiano Massimo D’Alema e il britannico David Miliband.

Per entrambe le cariche la Commissione europea aveva chiesto solo due requisiti alle famiglie politiche europee: il presidente deve essere stato almeno un ex primo ministro e il ministro degli esteri deve essere anch’egli un ex premier o almeno un ex ministro degli esteri.

Da qui la rosa dei candidati ufficiosa che per giorni è circolata nelle stanze delle cancellerie europee. Nonostante tutto la mossa politica centrale della vicenda è stata escogiata a Londra: si discute spesso della indisponibilità di Miliband a ricoprire infatti l’incarico di “Mr. Pesc”. Questo perché, sostengono autorevoli commentatori britannici, Miliband in realtà sarebbe già pronto a prendersi la leadership del Partito Laburista, in grande difficoltà in vista delle elezioni generali di maggio, o comunque sarebbe pronto a guidarlo anche in caso di sconfitta. Tra l’altro il primo ministro Gordon Brown, esponente della famiglia socialista europea, si impunta e richiede per il centro-sinistra europeo l’incarico di presidente del Consiglio. E per quell’incarico fa un nome che già circolava da mesi: Tony Blair.

 

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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