Pagnoncelli a TP: “possiamo sbagliare, non siamo cartomanti. Ma i sondaggi servono”. L’intervista

Pubblicato il 27 Maggio 2009 alle 09:59 Autore: Lorenzo Pregliasco
Nando Pagnoncelli responsabile dei sondaggi Ipsos per Ballarò

E questo può valere anche per gli exit poll, benché non siano fatti al telefono.

«Certamente sì: e influiscono diversi fattori, per esempio la consapevolezza dei propri diritti in merito alla privacy, ma anche, nelle rilevazioni telefoniche, l’aumento esponenziale del numero di telefonate commerciali o promozionali che ricevono gli italiani. Per di più spesso nel telemarketing, anche se alla fine si vuole vendere una polizza assicurativa o un abbonamento a una rivista, si esordisce con “posso farle qualche domanda?” che disorienta il destinatario della telefonata e può renderlo più diffidente in generale verso le inchieste telefoniche. Ma poi ci sono altre cause: la politica è sempre meno centrale per gli individui e le decisioni di voto vengono spesso rinviate, c’è una sorta di “elettorato carsico” che riaffiora in prossimità dei giorni immediatamente precedenti le elezioni e che prima non esprime un’intenzione di voto chiara. Poi, tenga conto che ci sono anche molti indecisi effettivamente indecisi, specie se l’offerta politica cambia radicalmente come nel 2008. Insomma, alla luce di tutto questo è un miracolo che i sondaggi abbiano scarti così limitati dalla realtà».

Ma scarti limitati possono fare la differenza in una situazione incerta, come nel 2006.

«È vero, ma le dirò due cose. Primo, i sondaggi vengono fatti per essere smentiti. Una campagna elettorale deve servire a cambiare le fotografie che vengono scattate nel corso della marcia di avvicinamento alle elezioni: chi è in ritardo farà il possibile per recuperare, chi è in vantaggio farà il possibile per allungare. Poi, entra in gioco l’aspetto psicologico: più la situazione è incerta più si vuole sapere in anticipo chi vince, ma il paradosso è proprio questo, che più la partita è in bilico più è difficile avere sondaggi precisi».

Ha parlato prima dei non rispondenti. Ci sono legami tra il non rispondere ai sondaggi e il profilo socio-demografico, ma c’è anche un legame con la desiderabilità sociale? Senza entrare nei dettagli, alcuni recenti fatti dell’attualità politica potrebbero aver ulteriormente accentuato questo problema riguardo agli elettori del Pdl?

«Sicuramente è così. E aggiungo un altro elemento: il cosiddetto “winner”, cioè la previsione che gli italiani fanno su chi vincerà le elezioni. C’è una relazione molto stretta tra il tasso di accettazione all’intervista e il partito o candidato che l’elettore crede possa vincere o perdere. Se sono un elettore di un partito destinato alla sconfitta difficilmente ammetterò di voler votare per quel partito, ci può essere una sorta di “band wagon” anticipato se sono convinto che una forza vincerà e tendo a rispondere più volentieri al sondaggio. Altro elemento, come lei diceva giustamente ci sono alcune caratterizzazioni socio-demografiche: sono più reticenti le donne, le persone più anziane e meno istruite, quelle che risiedono nei piccoli centri. Se queste fasce di popolazione sono più concentrate in un partito politico tendono a portare a una sottostima del partito politico stesso. Sulla desiderabilità sociale, lei faceva riferimento alle vicende familiari emerse nelle ultime settimane, e probabilmente anche in questo caso può esserci un atteggiamento del genere. Tornando indietro di qualche tempo, io ho visto nettamente questo fatto dopo l’intervento di Berlusconi al convegno di Confindustria a Vicenza nel 2006, poco prima del voto: c’è stata una fase in cui, dopo il secondo faccia a faccia Berlusconi-Prodi, il centrodestra era passato avanti di 0,2. Nei giorni successivi ci fu Vicenza e ci fu una dichiarazione molto forte, che all’epoca fece scalpore, quando Berlusconi usò un epiteto poco gentile verso gli elettori di centrosinistra. Questo suscitò un po’ di vergogna, di ritegno, in una quota degli elettori di centrodestra. E non a caso proprio il sondaggio successivo fece segnare un’inversione di tendenza con l’Unione di nuovo avanti e con un aumento dei non rispondenti tra chi in realtà apparteneva al centrodestra».

(per continuare la lettura cliccare su “3”)

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Lorenzo Pregliasco