Cairo: Piazza Tahrir è di nuovo piena, si rischia una nuova crisi?

Pubblicato il 23 Giugno 2012 alle 17:02 Autore: Giuseppe Colasanto

Cairo: Piazza Tahrir è di nuovo piena, si rischia una nuova crisi?

 

Si è votato ormai sei giorni fa, come in Grecia ed in Francia, ma dei risultati non si sa ancora nulla. I Fratelli Musulmani, parte attiva delle manifestazioni di Piazza Tahrir del 2011, già lunedì annunciavano che il loro candidato Mohammed Morsa aveva vinto con il 53% dei suffragi il ballottaggio contro il candidato delle forze armate Ahmed Shafiq.

“Tutti conoscono il risultato e non permetteremo a nessuno di manipolarlo. Urge rendere noti subito i risultati” ha commentato ieri Mursi, risultati che potrebbero essere resi noti in effetti oggi, ma che più probabilmente saranno rimandati a domani.

Nel frattempo il Consiglio Supremo delle forze armate – che domenica notte avevano apportato modifiche alla Costituzione, limitando i poteri del futuro Presidente – si sta muovendo in due direzioni. Da un lato, attraverso le minacce alla popolazione, per evitare che si manifestino disordini di piazza prima e dopo la pubblicazione dei risultati; dall’altro, ricercando con i Fratelli Musulmani un accordo, che veda la partecipazione anche di forze laiche e cristiane nel nuovo governo, oltre che un ruolo comunque fondamentale per le forze armate stesse. Da parte sua, Mursi ha dato disponibilità a formare un governo di coalizione con forze rappresentanti di cristiani e socialisti, pur di non fermare la transizione del suo Paese verso la democrazia.

cairo

Ieri notte però, numerosi egiziani, non solo elettori della Fratellanza, hanno di nuovo riempito la piazza simbolo della primavera araba dell’anno scorso, preoccupati per il destino di quello che allora parve un successo e che ora sta prendendo i contorni della beffa. Come detto, i militari hanno apportato modifiche alla costituzione nella notte post-elettorale, e di giorno in giorno ritardano la presentazione dei risultati, tutto ciò nel più totale vuoto istituzionale (la Corte Suprema ha sciolto il Parlamento la settimana scorsa).

La situazione poi potrebbe precipitare se il risultato delle elezioni fosse a favore di Shafiq, già primo ministro ai tempi di Mubarak, come oggi afferma uno dei principali quotidiani locali, Al-Ahram, che lo quota al 50,7%. I continui ritardi sembrano far pensare a brogli – e la vittoria eventuale di Shafiq rischierebbe di non essere considerata legittima.

Non ci resta che aspettare, ma intanto la mancanza di una guida nel Paese, con il forte ruolo che l’Egitto ha sempre rivestito nella politica regionale, comincia a farsi sentire. Un governo forte in Egitto potrebbe essere il toccasana per la crisi siriana, che oggi – con l’abbattimento del caccia turco – è ufficialmente una crisi mediorientale.

L'autore: Giuseppe Colasanto