Identità italiana e interesse nazionale. Breve storia di due concetti difficili

Pubblicato il 28 Agosto 2012 alle 12:11 Autore: Giacomo Bottos

Ciò non significa che i due partiti principali, la Democrazia cristiana e il Partito comunista, non avessero una visione dell’interesse nazionale. Per quanto riguarda in particolare quest’ultimo, l’atto decisivo fu la svolta di Salerno, con la quale Togliatti, nel 1943, accentuò il carattere nazionale del Partito e accettò il terreno democratico dello scontro, rinunciando alla prospettiva di un’insurrezione violenta. Ciononostante al partito comunista non fu mai permesso l’accesso al governo. La stagione della solidarietà nazionale degli anni Settanta, che avrebbe potuto forse mettere capo a una partecipazione diretta dei comunisti al governo, fu tragicamente interrotta dalla morte di Aldo Moro.

Per quanto riguarda invece la Democrazia cristiana il problema principale era il grande proliferare di correnti diverse al suo interno, che rendeva difficile un’azione di governo incisiva su temi complessi. Questa situazione era determinata, data la particolarità della situazione italiana, dalla pluralità dei referenti della DC. Essendo sostanzialmente sempre al governo la DC si concepiva come un partito-Stato, che doveva rappresentare al suo interno la totalità della società italiana. L’articolazione interna delle correnti rifletteva questa pluralità della rappresentanza: dalla sinistra di Dossetti fino alle aree più reazionarie. A rendere complessa la definizione di un concetto di interesse nazionale, concorreva, per quanto riguarda la DC, un doppio vincolo. Il primo, comune a molti altri paesi, era l’appartenenza alla sfera d’influenza americana e all’alleanza atlantica. Ovviamente questo poneva dei vincoli alla sovranità, espliciti e impliciti (dopo la caduta del muro Andreotti rivelò dell’esistenza di Gladio, una rete segreta che avrebbe dovuto attivarsi in caso di invasione comunista). Il secondo vincolo, specifico della DC, era dato dalla relazione speciale che questo partito intratteneva con il Vaticano. Se nella teorizzazione iniziale di De Gasperi il partito avrebbe dovuto essere indipendente, accettando pienamente il principio della separazione tra Stato e Chiesa, nella prassi le influenze e le pressioni furono molte e costanti.

Tuttavia c’è da dire che nonostante la complessità e l’importanza di questi vincoli, nella prima Repubblica un certo concetto di interesse nazionale era presente e, pur tra mille ostacoli e logiche antagoniste, riuscì a operare. La gestione dell’industria di Stato nei primi vent’anni del dopoguerra costituisce un buon esempio di questa visione. Le scelte lungimiranti che furono compiute allora si rivelarono essere, nel lungo periodo, sicuramente nell’interesse del popolo italiano. In particolare va citata l’impresa di Enrico Mattei che, attraverso l’Eni cercò di assicurare all’Italia una fornitura petrolifera a basso costo (fondamentale per un paese importatore) e le basi di una politica energetica nazionale. Inoltre, sviluppando relazioni con i paesi mediterranei e mediorientali, inaugurò quello che fu l’asse più originale della politica estera italiana. Pur nel quadro di una generale appartenenza alla sfera d’influenza americana, l’Italia costruì, allora e in seguito, una politica autonoma nel Mediterraneo, con paesi che si trovavano in posizione di neutralità tra i due blocchi. La partita si complicò ancora negli anni Settanta, con la crisi petrolifera, la rivoluzione in Libia e le tensioni che ne seguirono. Si tratta di una materia complessa e controversa, perchè intrecciata da vicino con alcune vicende oscure della storia italiana, ma che va compresa all’interno della situazione storia dell’epoca.

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L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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