La polpetta avvelenata di Berlusconi

Pubblicato il 26 Settembre 2012 alle 17:02 Autore: Matteo Patané

Poiché il motivo dell’augurio a Renzi raccontato nell’intervista a Sallusti non risulta quindi credibile, diventa interessante – anche ai fini della futura campagna elettorale – individuare le ragioni che si celano dietro le mosse di Berlusconi, ragioni che possono aiutare a svelarne le strategie ed evidenziarne i punti di forza e di debolezza.
Le parole di Berlusconi, espresse quindi con la consapevolezza di danneggiare Renzi presso l’elettorato storico del centrosinistra, possono rispondere ad una molteplicità di scopi, che seppure possano apparire spesso contrastanti tra loro rispondono tutte ad una medesima esigenza strategica.
È innegabile che Renzi sarebbe un avversario piuttosto pericoloso per Berlusconi in campagna elettorale: il sindaco di Firenze non solo è trent’anni più giovane del Cavaliere, ma – in un’ottica di un’affluenza alle urne in linea con i valori degli ultimi sondaggi – spostando a destra il baricentro della coalizione progressista invaderebbe il centro dello schieramento contendendo al centrodestra i voti moderati. A questo livello, quindi, non è difficile interpretare la mossa dell’ex-premier come una strategia elettorale per affossare il candidato di centrosinistra che ritiene più pericoloso.

Questo accenno di invasione di campo in una faccenda tutto sommato interna al centrosinistra, tuttavia, può avere implicazioni ancora più sottili e pregne di significato se si considera la preferenza di Berlusconi per Renzi come uno sconfinamento, non importa se figurato o effettivo, nell’agone delle primarie.
Semplicemente con le sue dichiarazioni, il Cavaliere è riuscito a far precipitare un dibattito che avrebbe potuto – e dovuto – essere incentrato sui programmi di governo verso il tema delle infiltrazioni dei votanti del PdL e delle regole sull’accesso alle primarie, giungendo in un certo qual modo a gettare un’ombra di sospetto sulla veridicità della competizione e conseguentemente su chiunque dovesse arrivare a prevalere.
Uno strumento democratico come le primarie, ancora tutto sommato nuovo per la politica italiana e poco regolamentato a livello istituzionale, si fonda per il proprio funzionamento sul tacito rispetto – o disinteresse – da parte del campo avverso. Anche senza arrivare a milioni di votanti PdL che invadono le primarie del centrosinistra influendo pesantemente sull’esito della consultazione, l’aver portato all’attenzione dei media la semplice possibilità di un appoggio a Renzi è una chiara mossa di attacco volta a indebolire la credibilità e la legittimazione di chiunque vinca le primarie presso lo stesso elettorato progressista, facendo passare l’immagine di un vincitore emerso da una competizione comunque falsata.

Questo effetto sarebbe massimo, naturalmente, se il vincitore fosse proprio Matteo Renzi, fatto che potrebbe portare ad una vera e propria esplosione della coalizione di centrosinistra sotto il pretesto delle primarie truccate, ma ad oggi questa eventualità non sembra avere molte possibilità di realizzazione.
I sondaggi, infatti, danno al segretario del PD Bersani ancora un consistente vantaggio su Renzi, il quale a sua volta conserva diverse lunghezze di vantaggio su Vendola.
Se tuttavia, come sembra, le primarie saranno strutturate con il meccanismo del doppio turno, ecco che la strategia di Berlusconi troverebbe terreno fertile: un passaggio di Renzi al ballottaggio, magari con un vantaggio risicato su Vendola, aprirebbe la strada a mille polemiche sulle infiltrazioni e sul voto di destra, andando a trasformare quello che dovrebbe essere un momento di partecipazione e aggregazione del popolo di centrosinistra in un vespaio di polemiche e sospetti.

La campagna elettorale, per Berlusconi, è già iniziata, ed è come sempre iniziata all’attacco. Matteo Renzi, in realtà, si è rivelato essere un semplice grimaldello attraverso il quale il Cavaliere sta puntando alla delegittimazione delle primarie, l’unica vera arma del centrosinistra che il PdL non ha mai potuto emulare.
Per combattere le mosse di un avversario ancora così abile in termini di strategie mediatiche, il centrosinistra ha la necessità di fissare delle regole per le primarie che siano al tempo stesso fedeli al precetto di apertura e universalità che le ha viste nascere, consentano di esprimere la volontà di un popolo comunque di centrosinistra e soprattutto siano condivise da tutti i contententi, pena arrivare in campagna elettorale con un candidato bruciato in partenza. Non sarà una strada facile.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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