L’Italia può sopravvivere alla scomparsa della destra?

Pubblicato il 26 Settembre 2012 alle 20:03 Autore: Carlandrea Poli

Del resto, se il sindaco di Firenze è abilissimo nel raccogliere alcune issues di destra: merito, concorrenza, libero mercato. E nell’includerle in un contenitore politico di centrosinistra. In questo contesto potrebbe pur sorgere una domanda: serve ancora avere una destra in Italia?

Gli elettori moderati possono trovare facilmente nuova collocazione, vent’anni di eletti, dirigenti di partito e di esponenti di spicco nella società civile hanno messo seriamente in crisi l’opportunità di avere un partito di destra di massa in Italia.

Abbiamo visto come l’effetto domino stia travolgendo quotidianamente le esperienze di governo del Pdl e dei suoi alleati. Varrebbe la pena interrogarsi sui migliori sostenitori del centrodestra in Italia e capire come mai la disaffezione dell’elettorato sia stata l’unica risposta agli scandali, alle bufere e non ci sia stato nessun tentativo di rovesciamento del gruppo di testa del Pdl a partire dalla base.

In superficie affiora una maggiore flessibilità morale sull’uso del potere e sui suoi abusi. Anche al costo di legittimare la tesi delle spese, se non delle corruttele avvenute a insaputa del diretto interessato. O di tollerare la produzione di leggi ad personam per salvare il potente dai guai con la giustizia. Ma fermarsi qua sarebbe riduttivo. berlusconi, la destra in Italia

Bisognerebbe prendere sul serio i disvalori che sono stati trainati dai ceti borghesi, l’élite della destra in Italia. Che come ogni minoranza organizzata ha avuto un ruolo cruciale nel forgiare il programma, le azioni politiche e gli scrupoli morali nel governare, dei suoi eletti.

Emerge inevitabilmente una cultura della legalità da applicare solo agli avversari, la ricerca continua dell’eccezione da applicare a se stessi e della regola da applicare agli altri. E soprattutto interessi che poco hanno a che fare con una visione competitiva e conservatrice della vita sociale. Il libero mercato è andato bene agli imprenditori e ai liberi professionisti fino a quando si è trattato di chiedere meno tasse. Ma quegli stessi imprenditori hanno chiesto in tempo di crisi la socializzazione delle perdite e un intervento dirigista del governo sul credito per finanziarli anche se le loro produzioni sono inefficienti e parassitarie. In questo si inserisce una richiesta allo Stato di chiudere un occhio verso l’evasione fiscale. Perché più di un abbassamento delle imposte molte delle partite Iva vezzeggiate dal berlusconismo hanno bisogno di pagare zero euro di tasse per sopravvivere, praticando in questo modo un dumping fiscale verso le medie e grandi aziende, costrette a pagare fino all’ultimo centesimo. Idem per i liberi professionisti, alfieri della concorrenza quando c’è da teorizzarla e strenui sostenitori delle barriere d’accesso per garantirsi in partenza una rendita di posizione garantita dall’esistenza degli ordini professionali.

Sia chiaro, queste categorie sociali non spariranno in Italia con la destra, sono ben radicate oramai in buona parte del Partito Democratico. Il guaio è che dal 1994 ad oggi piccoli imprenditori, dirigenti di partito spregiudicati, liberi professionisti hanno organizzato questi interessi in un blocco sociale compatto.

Vederlo oggi sparpagliato e non più organizzato in forze di destra maggioritarie potrebbe essere di buon auspicio per il futuro.

L'autore: Carlandrea Poli

Nato a Prato il 27/06/1987 giornalista pubblicista, ha cominciato a collaborare con alcune testate locali della sua città per poi approdare al Tirreno. Appassionato delle molte sfaccettature della politica, ha una predilezione per la comunicazione, l'economia e il diritto. Adora il neomonetarismo, l'antiautoritarismo della scuola di Francoforte e prova a intonare nel tempo libero con scarso successo le canzoni di Elisa Toffoli. Su Twitter è @CarlandreaAdam
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