Ucraina-Europa, Lettera aperta a Grishchenko

Pubblicato il 5 Novembre 2012 alle 10:46 Autore: Marco Residori

UCRAINA E EUROPA, TRA NON-STATO DI DIRITTO E STATO INDIRETTAMENTE FISCALE

“L’Ucraina è un Paese tipicamente europeo. Gli ucraini sono tipicamente europei per storia, cultura, mentalità e valori morali, che si imperniano sull’umanesimo europeo, sul cristianesimo, sugli ideali di libertà e democrazia”. Queste le parole di un più che fiero Konstantin Grishenko, ministro degli Affari Esteri ucraino, interrogato sul possibile futuro coinvolgimento del suo Paese all’interno delle istituzioni comunitarie. La forma, ossia le dichiarazioni mediatiche, differisce però dalla sostanza ed è così che vorrei, sotto forma di lettera aperta, indirizzare all’illustre interlocutore una serie di questioni.

Caro Konstantin Grishenko,

Se la memoria non mi inganna, e ciò che ho appreso in una lunga degenza tra i banchi e i corridoi delle istituzioni formative italiane, e quindi europee, non erano fandonie, Le ricordo che qualsiasi Stato europeo si fonda su almeno due pilastri fondamentali: lo Stato di diritto e lo Stato fiscale. Il primo, coniato dalla dottrina giuridica tedesca nel XIX secolo, garantisce, attraverso leggi a cui anche lo Stato è vincolato e sottoposto, il riconoscimento di diritti fondamentali in capo agli individui e la tutela e la garanzia dell’ordine affinché la positività dell’esercizio degli stessi possa essere espletata. Il secondo, concezione europea sulla quale si è instaurato e consolidato lo Stato moderno, viene regolato dal cosiddetto principio del taxation with representation, eleggendo, a seguito di una contribuzione fiscale della propria cittadinanza, in capo ad essa diritti di rappresentazione e quindi possibilità di agire nella sfera pubblico-politica. Nel suo Paese questo non esiste. O meglio se a livello formale possiamo accettarne l’esistenza, a livello sostanziale ci troviamo costretti a negarla. Non pensi che la mia opinione trovi ragione in qualche tipo di astio verso il suo Paese o verso i suoi cittadini che a flotte (dal 1991 ad oggi, la popolazione ucraina si è ridotta da 53 mln a 45 mln – secondo stime ufficiose ma più reali 39 mln – , anche questo dovrebbe farLa riflettere) si riversano nel mio o nei paesi vicini, e per convincerla di ciò lascio la parola ad un mio collega, suo connazionale. In un tardo pomeriggio estivo di agosto, quando le luci del tramonto invadevano già le sponde del Dnipro, Taras davanti ad una birra in uno dei meravigliosi parchi che dominano le alture di Kiev incomincia il suo racconto. “Quando studiavo in Inghilterra, durante un corso di filosofia politica, la docente ha tenuto una lezione sulle fondamenta dello Stato europeo, illustrandoci la costituzione e l’evoluzione dello Stato di diritto e dello Stato fiscale. Dopo un’ora di lezione, superando il timore che mi contraddistingueva in quella classe di studenti loquaci, ho preso la parola e, vergognandomene intensamente, ho sentenziato – Io sono ucraino. Di tutto ciò che sta dicendo non ne trovo alcun riflesso se penso al mio Paese. Deduco, noi siamo ancora lontani anni luce dall’Europa – . Non essendo mia intenzione tediarla con le innumerevoli scorciatoie che, nel suo Paese, un turista straniero è costretto a “barattare” in cambio di denaro con l’organo deputato al rispetto dell’ordine, la polizia locale (Odessa docet in merito), per infrazioni a dir poco irrisorie, cedo nuovamente la parola ad una collega, sua connazionale, che Le racconterà quanto astratti siano i concetti che la professoressa, di madre spagnola e padre tedesco, e quindi radicata nelle nozioni che offriva ai suoi studenti, illustrava dalla sua cattedra accademica. Irina, responsabile dell’Ufficio delle Relazioni Internazionali presso l’Università Ivan Franko di Lviv, mi racconta della possibilità offertale qualche giorno prima. “Mi hanno proposto, qualora fossi stata pronta ad abbandonare questo lavoro che, con soli 130 euro al mese, mi permette solo di sopravvivere, una posizione dirigenziale presso l’ufficio del prefetto della città di Zyburank, ottenendo una remunerazione più alta e dei privilegi conseguenti, ovviamente dietro il versamento di una tangente di tremila euro. Chi occupa la mia possibile futura posizione lavorativa sarebbe stato invitato ad abbandonare il posto, salvo la possibilità di rialzare il banco con una cifra superiore ai miei tremila euro e, in quel caso, sarei stata di nuovo io colei che avrebbe potuto scegliere tra incrementare ulteriormente la posta o declinare”. Arriviamo, quindi, al secondo nodo di questo mio monologo a più voci. Il racconto di Irina non permette solo di evidenziare quanto qualsiasi concezione della dicitura Stato di diritto sia astratta e sostanzialmente inesistente nel suo Paese, ma anche quanto lontano e plutoneo rispetto al pianeta Europa sia il concetto di Stato fiscale. Mi è parso di notare che, nel suo Paese, esista uno Stato indirettamente fiscale, nel senso che una parte della spesa pubblica, minoritaria e residuale, sia finanziata dalla contribuzione della cittadinanza, ossia quella ridottissima parte di cittadini che si attengono ai criteri dello Stato fiscale, così come europeamente concepito; e una fetta ben più grossa di spesa pubblica, ma soprattutto di finanziamenti alla politica e al sistema elettorale, provenga invece dalla contribuzione della a-cittadinanza, ossia gli imprenditori, su tutti Rinat Akhmetov, che attraverso lautissime tangenti ricambiano le concessioni fatte all’illegalità dei loro business. E poiché, come mi è sembrato di farLe capire, non è mia intenzione insinuare nulla, Le riporto ancora una volta le parole di un mio collega, suo connazionale. Ivan, con lo scoraggio che solo un trentenne deluso dagli ossi di seppia lasciati dalla sua, così come quella di altri milioni di ucraini, rivoluzione arancione, frustratamente mi illumina sulmodus operandi fiscale comune all’oligarchia di poco sopra. “Qui vige il sistema di finanziamento multipartitico. Ciò significa, visti gli esiti elettorali sempre incerti dal 2005 ad oggi, finanziare in maniera proporzionale alle possibilità di vittoria l’intero arco partitico, di modo che, con chiunque vinca, si possa instaurare una polizia assicurativa, per l’illegalità del proprio business, per l’interna durata della nuova legislatura”. Le pongo inoltre, in via indiretta, a nome di un amico suo connazionale, la seguente domanda (retorica) in tema di legislazione fiscale: “perché io dovrei contribuire alla fiscalità del mio Stato quando, l’unica volta che ho avuto bisogno di una cura medica, sono dovuto ricorrere a specialisti privati in un Paese estero dietro lauta remunerazione e, la volta in cui ho avuto il desiderio di frequentare la facoltà di International Information presso l’Università Taras Shevchenko di Kiev, i miei genitori hanno dovuto sborsare una tangentina da quindicimila dollari ai fini dell’ammissione?”

Come vede, al riparo da indirizzi di interesse concernenti una possibile e futura annessione europea, alcuni esponenti della sua cittadinanza si sono rivelati più onesti di Lei nel descrivere le condizioni in cui versa il suo Paese e la lontananza che giace, ancora oggi, tra esso e l’Europa.

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L'autore: Marco Residori

Marco Residori, studente presso il corso di laurea "Mass media e Politica" della facoltà di Scienze politiche "Roberto Ruffilli" (unibo), nato nel 1988 e cresciuto a Milano. Aree di interesse/ricerca: sociologia dei consumi culturali e comunicativi, zone di frontiera tra ue-nuova europa (nuove russie e balcani) attualmente vive in Ukraina. Il suo blog personale è "Crossbordering"
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