Fischiailvento analizza i risultati delle Elezioni Regionali in Sardegna

Pubblicato il 19 Febbraio 2009 alle 14:34 Autore: Redazione
Ugo Cappellacci, candidato alle elezioni regionali in Sardegna

Fischiailvento analizza i risultati delle Elezioni Regionali in Sardegna

Il verdetto delle urne sarde per il rinnovo del Consiglio Regionale non lascia dubbi. Vince con forza Ugo Cappellacci del PDL, che sfiora il 52%, e perde Renato Soru, staccato di quasi nove punti percentuali. E’ una vittoria per Berlusconi che si è speso in campagna elettorale ed è un duro colpo per il PD al punto da spingere Veltroni a dimettersi da segretario nazionale.

I sondaggi della vigilia facevano pensare a un testa a testa. Sia in casa del centro-sinistra, sia in quella del PDL e soci. Non è andata affatto così. Cerchiamo di analizzare le dinamiche. Innanzitutto non c’è stato il bis della diserzione delle urne registrata in Abruzzo in dicembre. L’affluenza finale è stata del 67,58% degli aventi diritto, con i picchi massimi nel Nuorese e nel Sassarese (69,54 e 69,19%) e quelli minimi nel Sud-Est della Sardegna (64,96% nel Medio Campidano e 64,50% nella provincia di Carbonia-Iglesias).

Da più parti si è detto che il vento che spira in Italia in questi tempi è di destra e che in Sardegna Soru si è logorato inimicandosi troppi soggetti. Sono ambedue considerazioni veritiere.

La vittoria del PDL in Sardegna fa il paio con quella in Abruzzo due mesi fa. Dal canto suo Soru ha rappresentato un’esperienza di governo, da qualunque parte la si guardi, di rottura col passato. Ha parlato di informatica, semplificazione burocratica e di istruzione, realizzando alcune cose buone come la banda larga in tutta l’isola e lo Sportello Unico per le Imprese guadagnandosi il plauso di Confindustria. Ha ottenuto che Cagliari fosse sede di un progetto intergovernativo molto avanzato per tutti i paesi del Mediterraneo. Ha dato alla Sardegna molte nuove rotte aeree e navali. Al tempo stesso ha fatto chiudere un grosso numero di enti legati di riffa e di raffa alla politica e al sottogoverno. Ha tagliato drasticamente il numero delle comunità montane e posto Ugo Cappellacci, candidato alle elezioni regionali in Sardegnadei ferrei vincoli alla costruzione nelle aree costiere. Questi ultimi interventi, di per sé innovatori, sono stati alla base della sua sconfitta. Queste decisioni gli hanno inimicato tutti quanti alle passate regionali del 2004 non erano con lui, ma corsero da soli (l’UDS di Floris e il Partito Sardo d’Azione di Trincas e Maninchedda), oltre ai socialisti che, suoi alleati per 4 anni, hanno deciso di correre da soli. E al tempo stesso hanno lasciato il segno in alcune frange del PD. Basti vedere la bagarre esplosa in dicembre all’interno del partito sulla definizione del piano paesaggistico regionale che portò alle sue dimissioni. A tutto ciò poi fecero seguito le polemiche per aver imposto l’impossibilità per il PD, avallata dal commissario Passoni, di ricandidare diversi consiglieri con alle spalle due o più legislature. Gente navigata in politica capace di portare parecchi voti. E dulcis in fundo la strisciante e duratura guerra sotterranea tra l’ex governatore e uno dei più scafati protagonisti della politica sarda. Quell’Antonello Cabras ex socialista confluito poi nel PDS. A questa condizione di partenza obiettivamente più difficile rispetto al 2004 (quando come già ricordato il centro-destra faceva a meno del partito di Floris e quando i sardisti agivano in solitaria) è andata ad aggiungersi la discesa in campo di Berlusconi con frequenti viaggi nell’isola per politicizzare la competizione e l’appoggio fornito a Cappellacci da gran parte del clero isolano e, non ultimo, da parte della CISL sarda a cui non è andato giù nel recente passato un taglio di finanziamenti regionali alla sua scuola professionale (IAL).

Una serie di fattori in grado di indirizzare la partita in una certa direzione. Ciò che stupisce è un così netto margine tra i due contendenti, assolutamente imprevisto da tutte le rilevazioni della vigilia.

In questo senso una possibile chiave di lettura potrebbe essere fornita dalla cura impiegata dal centro-destra per la composizione delle liste. Al di là del 30% del PDL, i risultati per i Riformatori Sardi (quasi il 7%), per il PSDAZ (4,3%) e per l’UDS (3,5%) sono estremamente lusinghieri e sono figli di candidature di un elevato numero di amministratori locali capaci di raccogliere effettivamente consensi. Analogo discorso e con forse ancora maggior enfasi vale per l’UDC che sfiora il 9% complessivo e fa registrare su tutti un 30% a Iglesias con il leader regionale Giorgio Oppi e un 41% a Tempio Pausania, dove il sindaco è appunto un esponente di quel partito. Dall’altra parte invece la somma dei partiti dell’area ex-Sinistra Arcobaleno arriva al 6,5% che è migliore del 3,5% delle politiche, ma è comunque deludente, in quanto incapaci di andare oltre il bacino tradizionale di riferimento. I Rossomori (formazione nata da una scissione nel PSDAZ dopo che questo decise di andare a destra) conseguono il 2,5% pur senza essere stati presenti nell’Ogliastra, nell’Oristanese e nell’Iglesiente. L’IDV di Di Pietro, al di là dei proclami del leader, cresce rispetto alle politiche di un solo punto percentuale e tocca il 5% e paga il fatto di avere un radicamento territoriale ancora tutto da consolidare. Dal canto suo il PD, praticamente orfano di tutti i “notabili” non più ricandidati, non arriva neppure al 25%.

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