Ucraina, l’economia nazionale tra investimenti esteri ed evasione

Pubblicato il 19 Novembre 2012 alle 10:48 Autore: Marco Residori

Il mese scorso, lo State Commitee of Statistics (SCS), ha diffuso i dati sugli investimenti esteri in Ucraina riguardanti i primi sei mesi dell’anno 2012. Registrando un ammontare dei flussi di denaro, entrati nelle casse dell’economia ucraina, pari a 3,2 mld di dollari, l’ente ha sottolineato il decremento del 3,4% rispetto allo stesso periodo di riferimento del 2011. Ha evidenziato, inoltre, la maggioritaria redistribuzione degli investimenti in quattro settori economici: industria – metallurgica, siderurgica, chimica e petrolchimica – (31,4%), istituzioni finanziarie (31,2%), real estate ed intermediari di impresa (16%), commercio e consumo (10,4%). Infine ha presentato la classifica dei 128 paesi che, nell’arco dell’ultimo semestre, hanno intrapreso investimenti in Ucraina. Paese-leader, garantito di riconferma statistica, Cipro. Con i suoi 14,5 mld di dollari, il piccolo Stato mediterraneo, si è nuovamente assicurato il ruolo di primo investitore ucraino. Ma come è possibile che nella quattordicesima economia europea, registrante un Pil pro capite di soli 29 mila dollari, vi siano così tanti imprenditori disposti ad investire enormi cifre in Ucraina? Non è possibile.

ucraina

Il primato di Cipro tra gli investitori esteri in Ucraina, e il suo corrispondente primato tra i paesi esteri destinatari di investimenti ucraini (90,8%), si spiega nell’incrocio tra industria metallurgica ucraina e sistema fiscale cipriota. Il rodato processo, in costante aumento da un decennio, si delinea come segue. Io, oligarca ucraino nel settore della metallurgia, ho necessità di riciclare parte del mio capitale, frutto di attività economiche illegali, evitando la loro denuncia e la conseguente tassazione. Mi premuro quindi, o a livello personale o attraverso complici amicizie, ad organizzare voli charter privati al fine di esportare in contanti i soldi che necessito ripulire. Arrivo a Cipro e li deposito o su conti cifrati o su conti di prestanomi. Con i soldi, apparentemente profumati, apro un’azienda, o una rete di aziende, sempre attraverso prestanomi, che, investendo direttamente i miei denari nelle imprese metallurgiche in mio possesso in Ucraina, riportano i flussi di denaro nel mio Paese. Dopodichè, dalle mie aziende con sede ucraina vendo, alle commerciali di riferimento a Cipro, i prodotti metallurgici a prezzi pari al loro costo produttivo. Esse infine, acquisiti i metalli, li rivendono ai grossisti o ai dettaglianti del mercato a prezzi di borsa, generando così un surplus tassato non secondo il regime fiscale ucraino ma secondo quello cipriota. Il regime fiscale cipriota, nonostante il Paese non venga più considerato paradiso fiscale a livello europeo, permette infatti alle aziende che investono a Cipro invitanti vantaggi economici. In primis, una tassazione societaria pari al 10% sui profitti della compagnia, il più basso prelievo fiscale in Europa. In secondo luogo, nessuna contribuzione fiscale sui dividendi ricevuti dai proprietari di una compagnia non residenti a Cipro. In terzo luogo, nessuna ripercussione fiscale su eventuali modifiche strutturali dell’organizzazione (fusioni e acquisizioni). Infine, un sistema normativo indecentemente trascurante attività di controllo sulle compagnie straniere.

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L'autore: Marco Residori

Marco Residori, studente presso il corso di laurea "Mass media e Politica" della facoltà di Scienze politiche "Roberto Ruffilli" (unibo), nato nel 1988 e cresciuto a Milano. Aree di interesse/ricerca: sociologia dei consumi culturali e comunicativi, zone di frontiera tra ue-nuova europa (nuove russie e balcani) attualmente vive in Ukraina. Il suo blog personale è "Crossbordering"
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