Professione comunicare. Proforma-Pustetto a confronto

Pubblicato il 3 Giugno 2009 alle 22:35 Autore: Lorenzo Pregliasco
Professione comunicare. Proforma-Pustetto a confronto

Quindi siete imprescindibili.

«Sì, e la sinistra in Italia vive questo passaggio con un certo travaglio. Le regole del gioco sono cambiate, l’opinione pubblica è diventata post-ideologica e i politici, come i detersivi, devono essere bravi a entrare nelle case degli italiani. Il professionismo in questo campo va vissuto con la massima tranquillità: siamo tecnici al servizio della politica».

Chi è che entra meglio nelle case degli italiani?

«Su Berlusconi ormai si è detto tutto, è abbastanza lapalissiano. Sui media tradizionali comunque non riesco a vedere grandissimi esempi: Franceschini è partito bene ma ha perso un po’ la spinta iniziale, Di Pietro ha scelto un posizionamento politico identitario e tiene quello, ma alla fine avrà dei problemi a espandere il proprio elettorato. Nichi Vendola sta comunicando abbastanza bene, paga una certa impopolarità della parola ‘sinistra’ mentre ‘libertà’ è fin troppo inflazionata e quindi rischia di perdere significato».

E i comunisti? Come la vedi la campagna elettorale di Ferrero-Diliberto (se la vedi)?

«Ecco, è difficile vedere grosse differenze di contenuto con Sinistra e libertà, ma credo che le comunichino peggio, favorendo indirettamente il progetto di Vendola che si presenta meglio. Anche se c’è l’insistenza su alcuni concetti, la falce e il martello, l’essere comunisti, la spinta identitaria su certi luoghi e certi valori in una chiave anti-Berlusconi».

Voi di Proforma siete sempre stati attivissimi sul piano locale ma non molto presenti in campagne nazionali.

«In realtà abbiamo curato la campagna di Bertinotti per le primarie dell’Unione, poi le affissioni per le primarie Pd, i filmati della famiglia Spera per i Ds nel 2006, però è vero, non c’è stato ancora il politico di grido in battaglia».

A proposito di politici di grido, perché è riuscita la rimonta a Berlusconi nel 2006 e non a Veltroni nel 2008? Cosa c’è stato di diverso nel modo di presentarsi all’elettorato?

«Secondo me la boutade sull’Ici ha spostato da sola non meno di 3 punti, ed è un genere di cosa che il Pd non sarebbe mai stato in grado di fare. Poi Veltroni ha comunicato bene ma non benissimo, ha commesso alcuni errori grossi, tipo la storia del “principale esponente dello schieramento a noi avverso”. E poi c’era un disastro di governo, a fronte del quale la comunicazione politica poteva fare poco».

A me sembra che la campagna di Veltroni fosse quasi una campagna conservativa, come se il Pd fosse in vantaggio e non dovesse invece recuperare.

«Sì, quando in realtà doveva andare a erodere fette di consenso. C’è stata troppa poca aggressività, magari non era nelle corde di Veltroni: già Franceschini lo vedo più sarcastico, riesce a essere più corrosivo e ficcante, anche se paga l’assenza di una proposta politica globale».

C’è uno spiraglio per il centrosinistra in televisione?

«In Italia si gioca con regole abbastanza inusuali, ma dovremmo accettare l’idea che il berlusconismo non è più un’opzione da accettare o rifiutare, ma è il terreno di confronto. Bisognerebbe impararlo prima di decidere se rifiutarlo o meno, e attaccarlo sui suoi refrain. Se invece si continua a dire “le regole non mi piacciono” non si va da nessuna parte».

Dalla tv ai manifesti. Qual è il loro ruolo? Perché si fanno?

«Noi a Bari abbiamo di fatto rinunciato alle campagne affissioni, mentre per dire il candidato avversario, Di Cagno Abbrescia, ha proposto nove campagne affissioni con tre agenzie diverse, due con doppio teaser. È stata una scelta secondo me assurda ma soprattutto muscolare. Il motivo vero per cui i manifesti possono essere fatti nel 2009 è una ragione di muscoli, di far vedere che si è vivi e forti. Noi abbiamo scelto un altro approccio, con due affissioni molto semplici: in una lo slogan della campagna, “Bari non torna indietro”, e nell’altra una foto del candidato e la scritta “il sindaco”».

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L'autore: Lorenzo Pregliasco