Professione comunicare. Proforma-Pustetto a confronto

Pubblicato il 3 Giugno 2009 alle 22:35 Autore: Lorenzo Pregliasco
Professione comunicare. Proforma-Pustetto a confronto

E perché altri li usano così tanto?

«Secondo me per ignoranza, perché con quei soldi si potrebbero fare molte altre cose. Ci si lega a vecchie categorie concettuali per cui il manifesto è essenziale. Ora le nuove frontiere sono altre, la rete, gli sms, che hanno un rapporto costo/efficacia molto migliore dei manifesti».

Qual è la campagna di cui sei più orgoglioso?

«Ho 25 anni, lavoro da poco in modo sistematico a campagne elettorali, ma comunque la campagna di Vendola del 2005 è stata unica. Però anche questa di Emiliano del 2009 è stato qualcosa che almeno in Puglia non ha mai avuto eguali almeno dal punto di vista della produzione dei contenuti: oltre 100 video su YouTube, cartoni delle pizze, lounge bar elettorale, iniziative di pulizia dei muri contro i manifesti abusivi, gare di creatività sulla città. E se Michele Emiliano vincesse con 10-12.000 voti disgiunti il dato sarebbe inequivocabile: e cioè che ha comunicato molto meglio dei partiti che lo sostengono. Comunque su questa siamo fiduciosi, sia per il primo turno sia per l’eventuale ballottaggio».

Nonostante la calata di Berlusconi di domenica?

«C’è una mitologia, nata dopo le regionali in Abruzzo e Sardegna, secondo cui ogni apparizione di Berlusconi sposterebbe 5 punti. Non so se in due ore di discesa a Bari abbia spostato tanto, mi sembra anzi che abbia mostrato una certa superficialità, potrebbe aver spostato l’1 per cento».

E invece la campagna di cui sei meno orgoglioso, quella che ha portato meno frutti?

«E’ brutto dirlo, ma la campagna per il Pd pugliese che Proforma ha seguito per le Politiche 2008. Pur non essendo stata brutta o inefficace ha spostato molto poco, è stata corretta dal punto di vista del messaggio con un attacco forte alla Lega, ma pur essendo stata gradevole non ha sortito effetti».

 

PUSTETTO (Maria Bruna Pustetto)

Partiamo dal mestiere del consulente politico. In un’intervista a Claudio Sabelli Fioretti sul Secolo XIX, nel 1990, disse di essere l’unico in Italia. Diciannove anni dopo, conferma?

«Ci sono molti che fanno diverse cose, io mi occupo esclusivamente di questo e forse continuo in questo senso ad essere l’unica».

Ma fare il consulente politico vuol dire solo vendere un candidato o c’è di più?
«Guardi, durante la campagna elettorale si vende il candidato. E’ inutile raccontarci che si fanno strategie sul medio-lungo periodo, la campagna elettorale è così ridotta come tempi tecnici che ormai si lavora sempre sui 30-40 giorni. Si lavora in emergenza, la campagna è sempre una crisis management, e se le cose poi vanno bene si può costruire un’immagine sul medio-lungo periodo. Ma in campagna elettorale, per il candidato in Italia l’importante è vincere e poi si vedrà».

Quali campagne sta seguendo in questo momento?
«Sto facendo due cose abbastanza semplici, sto lavorando per un candidato sindaco a Cremona e poi per le Europee per Elisabetta Gardini. Mi occupo di tutto, quello che fa la differenza è la capacità di usare gli strumenti e di trovare il mix giusto, scadenzando nel tempo gli eventi, gli spot, il sito internet, Facebook, il blog. Tutto dev’essere coordinato, tutto deve avere una logica che si rifà alle caratteristiche del candidato. Nessuna campagna elettorale è uguale a un’altra, non mi ricordo di aver mai ripetuto cose già fatte, neanche un santino».

Facebook e in generale la rete. Si dice che molti politici italiani abbiano una certa diffidenza verso questi mezzi. E’ vero che non spostano voti direttamente ma possono essere utili per mettere in rete persone e contenuti?
«Certo, assolutamente sì. Io sono una che non ama la carta nell’elettorale, specie coi candidati giovani è importante usare le nuove tecnologie. Ci sono delle resistenze da parte dei candidati perché sono legati alla carta, ancora vogliono la faccia da manifesto. Ma le cose cambieranno, in un futuro neanche troppo lontano non ci saranno più i tabelloni elettorali».

Passando da un opposto all’altro: perché si fanno ancora i manifesti? A cosa servono?
«Per quanto mi riguarda la funzioen dei manifesti è sempliecmente autoreferenziale per i candidati, non credo che un manifesto sposti di un millimetro il comportamento di un elettore. Casomai rafforza e gratifica quelli che sono già orientati su un candidato, ma non è che se sono di un’altra opinione vedo magari i manifesti di Vendola e decido di votare per lui. La carta non cambia proprio niente».

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L'autore: Lorenzo Pregliasco