Livello Zero: il Digital Divide. Di Tommaso Caldarelli

Pubblicato il 9 Settembre 2009 alle 11:49 Autore: Redazione
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Livello Zero: il Digital Divide. Di Tommaso Caldarelli

di Tommaso Caldarelli, tratto dal suo blog personale.

Se vogliamo parlare di come la politica viene comunicata in questo paese, dobbiamo partire da una verità abbastanza inconfutabile e sotto gli occhi di tutti: la Televisione domina. La situazione è chiara a chi la Televisione la fa. Infatti, nel rifiutare di trasmettere i trailer del documentario Videocracy, la RAI rispondeva alla Fandango Produzioni che l’80% degli italiani usa la televisione come principale mezzo di informazione, come ancora risultava da un sondaggio solo un paio di mesi fa .
Questo è,quindi, innanzitutto un fatto: ma è anche un problema?

 

 

Probabilmente si. Giovanni Sartori già ne parlava in un suo saggio di qualche tempo fa (Homo Videns, 2000: qui il testo integrale): la comunicazione televisiva è una comunicazione autoritaria. E’ profondamente diverso, secondo lo studioso, quello che succede avendo in mano un giornale rispetto a ciò che accade davanti alla televisione; perchè c’è un abisso fra la lettura di un testo, che è in realtà un decifrare dei simboli per cui servono i nostri processi cognitivi, e la visione di immagini, che sono immediate e descrivono il reale senza bisogno d’altro: “ciò che si vede appare «reale», il che implica che appare vero”.

 

E questo non può non farci riflettere se ricordiamo che la situazione dell’informazione nel nostro paese è certamente peculiare: già per il solo fatto che gli organi dirigenti della Tv di Stato (Presidenza, Direzione Generale, CDA, Commissione di Vigilanza) dipendono dal potere politico che può cambiare e cambia all’indomani di ogni elezione con conseguenti stravolgimenti (e tralascio poi volutamente la questione relativa al conflitto di interessi e a Mediaset perché non c’è bisogno qui di accennarvi).

Come tutti sappiamo in effetti, sono all’ordine del giorno le cronache e i retroscena dei movimenti nei famosi corridoi di viale Mazzini, dove si giocano le partite delle direzioni di Rete e di Testata: in breve, l’80% dei nostri cittadini ripone la sua fiducia in un mezzo di comunicazione della cui indipendenza e obiettività si può, a ragione, non essere del tutto persuasi. Teniamo inoltre presente ciò che anche l’Istat certifica: “la propensione a guardare la televisione è inversamente proporzionale al livello di istruzione; infatti la quota di persone che guardano la televisione almeno qualche giorno alla settimana è del 91,3 per cento tra i laureati ma supera il 95 per cento tra la popolazione che dispone della licenza media o elementare.”

Istat, Statistiche Culturali, 2007

Istat, Statistiche Culturali, 2007

L’unico modo di crearsi un’opinione il più possibile completa è non affidarsi a una sola fonte di informazione. I quotidiani, ad esempio: ma il più venduto dei giornali italiani, il Corriere della Sera con oltre 600.000 copie, non è neanche in grado di guardare dal basso colossi come il TG1 che sfiorano i cinque milioni di spettatori al giorno.

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