Lo sfogo di Bersani: “Mi dimetto, colpa dei franchi tiratori”

Pubblicato il 23 Aprile 2013 alle 17:17 Autore: Redazione

Bersani, durante la direzione del Pd che ha approvato la mozione di sostegno a Napolitano con soli 7 contrari e 14 astenuti, conferma le sue dimissioni da segretario del partito. “Come sapete da tempo era mia intenzione passare la mano al prossimo congresso e incoraggiare un ricambio per motivi politici in nome delle prospettive per il nostro partito – esordito Bersani – Ho dovuto annunciare le mie dimissioni dopo la bocciatura, per opera di franchi tiratori, delle candidature di Marini e Prodi. Molti dei nostri grandi elettori – attacca l’ex segretario – sono venuti meno a decisioni democratiche, formali e collettive in un momento cruciale per la Repubblica fino a portarci sull’orlo di una crisi gravissima, senza precedenti nella storia della nostra democrazia”.

Bersani spiega quale sia il pericolo che il Pd corre se si va avanti per questa strada. “Insieme ad anarchismo e feudalizzazione c’è stato un livello di permeabilità pericoloso. Quel che è successo non è episodico ma strutturale. Non sto esagerando e si deve ripartire guardando fino in fondo l’esperienza che abbiamo fatto fin qui: vogliamo costruire un soggetto politico o allestire uno spazio politico?”. “Chi entra in un partito, anche padronale – spiega Bersani – fa una libera scelta di devolvere una parte della sua libertà: dobbiamo darci un principio d’ordine, altrimenti invece di un soggetto politico c’è uno spazio di gioco un autobus, un ascensore, un nido per un cuculo. O uno spazio di gioco che il segretario, sia Veltroni, o Franceschini, o Bersani deve solo tenere in ordine con tanta pazienza”.

Il segretario dimissionario crede però ancora nel Pd. “Io ci credo, io ho fiducia nel futuro del partito e dopo 4 anni qualche idea per uscire dai rischi mortali che sta vivendo il Pd un’idea me la sono fatta. E aspetto di poterne discutere con voi liberamente e fraternamente”.

Infine conferma: “La direzione è operativa e potrà guidare il percorso politico, il vicesegretario e il tesoriere sono nella pienezza delle loro funzioni. So di non lasciare il partito all’abbandono. Una cosa è indiscutibile: toccava a noi, tocca a noi e toccherà a noi nelle prossime settimane dire cosa si fa e doverlo dire per prima davanti al Paese”.

“Bersani paga colpe non sue a cominciare dai franchi tiratori. Guardiamoci dentro. La cosa che manca di più dentro al Pd non è la solidarietà ma la generosità, specie nelle difficoltà”. Così Dario Franceschini alla direzione Pd.  “Dobbiamo dire chiaramente che non stiamo facendo alcun governissimo, e che Berlusconi resterà un nostro avversario – aggiunge Franceschini – Però siamo a un bivio: o diciamo sì a Napolitano e proviamo a dare un governo al Paese con obiettivi limitati o ci spaventiamo ed andiamo dritti alle elezioni”.

Matteo Orfini ha invece invitato il Pd a ritrovare l’unità perduta. “Innanzitutto bisogna tenere a cuore il tema dell’unità del Pd. A molti di noi è scappata la mano, c’è chi ha parlato di espulsioni e ha detto una sciocchezza. Per reggere, abbiamo bisogno che ci sia una soluzione di governo che raccolga almeno tre punti: la domanda di innovazione che viene dalla società, la capacità di interloquire con la società e la possibilità di sfidare al rialzo il Parlamento”.

Finocchiaro, che chiede “tutela dei dirigenti vittima di aggressione”, dichiara: “Il Pd deve metterci la faccia nel governo che proporrà il presidente Napolitano, mettendo a disposizione proprie personalità, evitando un governo tecnico”. Dello stesso avviso Franco Marini, silurato dai suoi nella prima votazione. Marini, rivolgendosi a Orfini, ha poi dichiarato: “Ma non l’hai consumato il tempo per far accettare un dialogo minimo a Grillo? Trascurando che noi abbiamo oggi l’urgenza non di guardare il nostro ombelico, ma al dramma del Paese”.

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