Primarie del centrosinistra, le implicazioni
Viene prima il leader o il programma? Le implicazioni di questa scelta sono fondamentali per la struttura e l’efficacia del futuro centrosinistra
L’utilizzo che qui si vorrebbe fare delle primarie è però del tutto nuovo. Per la prima volta infatti, più che un candidato alle elezioni si andrebbe a scegliere un leader di coalizione. Un ruolo probabilmente senza precedenti nel panorama politico italiano; una sorta di supersegretario i cui poteri vanno oltre il singolo partito di appartenenza. Quale dovrebbe essere il ruolo politico legato ad una singola figura? Quale significato avrebbero a questo punto i partiti, se la loro autonomia è messa in tutto o in parte nelle mani di un tale capo? Staranno alla coalizione come oggi le correnti stanno ai partiti? Quali aspetti del loro potere le dirigenze di partito vorranno o dovranno cedere al leader di coalizione? In che modo verrà scelto lo staff che lo affiancherà, e come si rapporterà tale staff con le attuali segreterie di partito? Di quali e quanti poteri avrà bisogno questo supersegretario per non essere logorato anzitempo dai partiti in suo sostegno e diventare un generale senza truppe al momento del bisogno?
Queste domande svelano la reale profondità che si cela dietro alla questione apparentemente semplice di legare le primarie o meno ad un appuntamento elettorale. In ballo c’è la struttura stessa della politica, che rischierebbe di formalizzare e cristallizzare un livello di aggregazione superiore a quello dei partiti, con regole tutte da scrivere – come si formalizza una coalizione? come si entra in una coalizione esistente? quanto conta un partito in una coalizione? come si esce da una coalizione? – e con necessità di intervento e controllo che si estenderebbero ben al di là della semplice figura del leader.
Scardinando dall’alto i flussi gerarchici dei partiti, e potendo permettere ai candidati dei partiti più piccoli un gioco ad alto guadagno – il controllo almeno parziale dei partiti maggiori, in termini di utilizzo della struttura portante in sostegno alle proprie idee e al proprio programma – è inevitabile che si ridisegneranno anche gli approcci degli aspiranti politici al sistema partitico: se da ogni partito si potrà arrivare al controllo della coalizione, e visto il progressivo esaurirsi del voto militante rispetto a quello di opinione, la corsia preferenziale per l’ingresso in politica tenderà ad essere concentrata sui piccoli partiti, dove la concorrenza è minore. Un primo effetto del fenomeno potrebbe proprio essere il progressivo avvicinamento delle dimensioni e delle strutture dei partiti, ottenuto però più tramite disgregazioni e scissioni delle forze più grandi che attraverso il rafforzamento di quelle minori. Alla fine è tuttavia probabile che questa strada conduca al partito unico, in forma forte – fusione dei partiti esistenti – o debole – progressivo svuotamento dei partiti.
Si tratta veramente di un percorso che il centrosinistra desidera intraprendere? E chi auspica per le primarie un utilizzo differente da quello elettorale per cui sono state fino ad oggi adoperate, ha ben chiare le conseguenze a lungo termine di una simile applicazione?
Ecco cosa c’è dietro alla scelta di dare alle primarie un significato politico oltre che elettorale: il futuro della struttura politica e partitica del Paese.