2011: Odissea nella manovra

Pubblicato il 5 Settembre 2011 alle 10:00 Autore: Redazione

Ripercorriamo le (tragicomiche) fasi della manovra economica nelle sue mille versioni, che hanno monopolizzato – giustamente – il dibattito politico fin dal mese di luglio e il cui esito avrà un effetto decisivo sulle sorti del nostro Paese

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Dopo pochi giorni (ma sarebbe più opportuno dire dopo poche ore) inizia il valzer dei dubbi che trova una prima sintesi il 29 agosto. Nel corso di un summit Berlusconi-Bossi, la manovra viene riscritta. Eliminata la norma che prevedeva l’accorpamento dei comuni, l’eliminazione delle province avverrà solo tramite legge costituzionale, congiuntamente al dimezzamento del numero dei parlamentari. Tradotto: tutto per ora resta com’è. Ma come sarà possibile raggiungere in Parlamento i numeri per l’abolizione delle province, se già nei mesi scorsi il provvedimento è stato bocciato con votazione bipartisan? Il contributo di solidarietà viene eliminato e rimane in vigore solo per i dipendenti pubblici (senza carichi familiari), per le pensioni alte e per i parlamentari. Salve le feste laiche (25 aprile, 1 maggio, 2 giugno), che erano state accorpate nella versione originaria del decreto. L’intervento che provoca però le ire dell’opinione pubblica riguarda le pensioni: ai fini del calcolo di anzianità, non si potranno più riscattare il servizio militare o gli anni di università, che verranno comunque computati per il calcolo delle pensioni. Questa norma, oltretutto retroattiva, suscita perplessità in quanto non costituisce né una riforma strutturale né un intervento oneroso in termini di gettito, poiché viene stimato in 500 milioni per il 2013 e di 1 miliardo per il 2014. Secondo le dichiarazioni del governo, questa versione “riveduta e corretta” dovrebbe risultare più equa, ma per i tecnici di Bankitalia i saldi per raggiungere il pareggio di bilancio non tornano più: mancano all’appello 4-5 miliardi di euro.

La vicenda assume i contorni di uno psicodramma quando, il primo settembre, va in scena l’ennesimo ripensamento. Il governo decide l’eliminazione della norma sulle pensioni, scritta appena due giorni prima, adducendo motivi tecnici di dubbia costituzionalità, e conta di coprire il gettito mancante dal recupero dell’evasione fiscale. Tale cifra, ovviamente, non è però quantificabile in anticipo, e non è ancora chiaro quali saranno le misure che concretamente garantiranno l’extra gettito. Tanto che il presidente della BCE, preoccupato, è tornato a farsi sentire, ammonendo l’Italia a fare molta attenzione ai saldi affinché rimangano invariati. Tra norme aggiunte, eliminate, o durate il tempo di una dichiarazione sui giornali, l’incapacità del governo nel redigere una manovra così importante sconfina ormai nel ridicolo.

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Ma la sensazione è che questa odissea non sia ancora finita. I continui cambiamenti hanno disorientato i cittadini e spiazzato i mercati, dando l’impressione di un Paese che naviga a vista, ormai privo di una leadership salda e credibile. La manovra è la cartina tornasole di una politica che balbetta anziché agire, sottomessa alle regole della Prima Repubblica, e di un Paese che non riesce a responsabilizzarsi e a far proprio il concetto di “bene comune”. L’Italia finisce dietro la lavagna e forse non avrà più il tempo per sostenere un esame di riparazione.

di Federico Cartelli

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