Diaoyu o Senkaku? Le isole della discordia

Pubblicato il 20 Maggio 2013 alle 15:29 Autore: Stefano Giovannini

Questo lo sfondo su cui negli ultimi mesi si sono sviluppate le tensioni, con diversi episodi minacciosi o provocatorî da parte cinese verso il Giappone, camuffati da esercitazioni militari. Nessuna delle parti in causa sembra disposta a fare concessioni. In un lancio dell’agenzia stampa Xinhua (新华) del 23 aprile scorso si legge: “Le isole Pescatrici e le loro isolette affiliate sono parte della Cina fin dall’antichità, ma si sono verificate tensioni tra Cina e Giappone intorno al possesso delle isole a causa della cosiddetta ‘nazionalizzazione’ delle stesse da parte nipponica lo scorso anno”. Di séguito il punto della situazione riassumendo i fatti delle ultime quattro settimane illustrati dai media cinesi:

20 aprile: la Marina cinese pattuglia le acque intorno alle isole e avverte le navi giapponesi nell’area che le Diaoyu sono isole cinesi; l’RPC implementa un sistema di sorveglianza insulare nazionale basato su controlli via aria, acqua e da satellite: per l’occasione vengono pubblicate le denominazioni “standard” per le isole dell’arcipelago delle Pescatrici.

23 aprile: una pattuglia cinese di tre navi trova “molti pescherecci nipponici” nelle acque insulari, dice l’Amministrazione Oceanica Statale: altre cinque navi cinesi accorrono come rinforzo e tutte insieme, divise in quattro coppie, monitorano l’attività giapponese. L’ambasciatore cinese in Giappone, Cheng Yonghua (程永华), incontrando il viceministro degli Esteri nipponico, Chikao Kawai, protesta per l’ingresso delle imbarcazioni giapponesi nelle acque delle isole Pescatrici, chiedendo che se ne vadano sùbito. L’attività cinese nell’area, sostiene Cheng, è invece regolare perché l’arcipelago appartiene alla Repubblica Popolare. La flotta cinese forza l’uscita delle barche giapponesi dalla zona. Il ministero degli Interni dell’RPC presenta una protesta al Giappone contro la navigazione illegale nelle acque circostanti le isole Diaoyu: il portavoce Hua Chunying (华春英, f.) parla di una minaccia proveniente da “attivisti di destra giapponesi”;

Da un sondaggio condotto e pubblicato dall’Agenzia di Promozione di Commercio e Investimenti del Sud Corea (KOTRA) emerge che i consumatori cinesi preferiscono acquistare i prodotti sudcoreani rispetto a quelli nipponici a causa dell’astio generato dalla controversia territoriale. Più della metà dei consumatori cinesi dice di non voler comprare i prodotti nipponici nemmeno a séguito della svalutazione dello yen, la valuta giapponese.

24 aprile: il ministero degli Esteri cinese conferma la ritirata dei pescherecci nipponici.

5 maggio: tre navi cinesi pattugliano le acque circostanti le isole Pescatrici.

10 maggio: studiosi cinesi respingono la valutazione di incompatibilità con le leggi internazionali delle richieste dell’RPC sulle Diaoyu da parte degli USA.

13 maggio: la Cina effettua ulteriori pattugliamenti nelle acque delle Diaoyu.

17 maggio: l’ambasciatore cinese a Washington, Cui Tiankai (崔天凯), invita gli Stati Uniti d’America a essere “neutrali per davvero” nella disputa sulle Diaoyu, onorando la promessa di “non prendere posizione”. Cui ribadisce in un’intervista pubblicata online da Foreign Affairs che la colpa è dei giapponesi, rei di aver nazionalizzato le isole nel settembre del 2012. “Quando – dice Cui – Cina e Giappone avevano normalizzato i propri rapporti, i capi di entrambi gli Stati avevano deciso di mettere da parte queste discussioni (…) Per molti anni siamo stati in tranquillità, finché il governo nipponico non ha deciso di nazionalizzare le isole l’anno scorso. È stata l’azione legale intrapresa dai giapponesi a provocare tutto”. Tokyo “non vuole collaborare” ai negoziati, rifiutandosi di iniziare “trattative serie”. Cui accusa indirettamente gli USA di doppiogiochismo: “Quando parlano con noi ci assicurano la neutralità, ma nelle dichiarazioni ufficiali o negli scambi con il Giappone dicono cose diverse”. Altra colpa degli USA quella di “non intervenire contro l’amministrazione esercitata dai giapponesi sulle isole”. Per raffreddare l’atmosfera, Cui aggiunge la frase di circostanza “penso che ci sia mutua comprensione fra i governi cinese e statunitense sulla necessità di costituire una relazione stabile a beneficio di entrambe le parti”.

 

Stefano Giovannini

 

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