Gioie (poche) e dolori (tanti) dell’uninominale

Pubblicato il 1 Ottobre 2011 alle 12:30 Autore: Gianni Balduzzi
Maggioritario Proporzionale uninominale

Con l’ultima proposta referendaria si rischia il ritorno in Italia dell’elezione con sistema uninominale, attraverso il ripristino del “Mattarellum”, basato appunto per il 75% sull’elezione di deputati in collegi uninominali.
Gli argomenti a favore si basano sulla possibilità di scegliere “direttamente” il deputato votando un nome e uno solo, controllando chi è e cosa fa, magari scegliendolo anche con le primarie.
Un’altro, forse il principale motivo, è quello di eliminare l’attuale “porcellum”, in cui le liste sono bloccate, e, potremmo aggiungere un po’ malignamente, ha dato alla sinistra un trauma psicologico, in quanto è imputato di essere stato il colpevole dell’inaspettato pareggio del 2006 (i sondaggi riservati della vigilia davano il centrosinistra avanti di almeno 5 punti) e di avere dato una maggioranza super-striminzita al csx nel 2006 e abbondante al cdx nel 2008. A questa interpretazione contribuisce la consueta convinzione della sinistra “pensante” che la gente sia poco cosciente e facilmente ingannabile: ossia nel 2006 e 2008 molti avrebbero votato i partiti di cdx senza pensare che “votavano per Berlusconi” mascherando così, il sistema elettorale, il vero contendere delle elezioni, cosa che con il “mattarellum” non sarebbe possibile, dovendo scegliere visivamente una coalizione e un nome.
Lasciando da parte questi elementi psicologici, vediamo i motivi per cui un ritorno all’uninominale, a prescindere dalle forme scelte, sarebbe peggiorativo di qualunque legge proporzionale esistente:

1) La disproporzionalità:  Come noto con l’uninominale vi è un alto grado di sproporzione tra la percentuale ricevuta e il numero di eletti, poichè vincendo solo il primo classificato è ininfluente quanto prendono il secondo e il terzo, e tutto dipende dalla spalmatura del consenso. E’ possibile teoricamente che una forza del 49% ottenga zero seggi se la distribuzione del consenso è uniforme e quella del 51% li ottenga tutti, in un sistema completamente bipartitico, oppure che quella con il 49% ne ottenga di più anche se minoranza. La situazione peggiora se il sistema è multipolare, come del resto ormai dappertutto, tranne gli USA, ovvero come in Inghilterra o Canada: in questi casi la sproporzione è maggiore, ci sono casi di maggioranza avuta da partiti con il 35% (Inghilterra 2005) e terze forze con il 20% e più (libdem in Inghilterra e NDP fino all’ultima elezioni in Canada dove sono presenti anche consistenti quarte forze)  ridotte a ruolo di mera testimonianza marginale.
In Italia: data la diffeenza di distribuzione del voto tra le coalizioni siamo andati vicini a un vincitor-perdente nel 2001 quando la CDL ebbe 100 seggi in più con l’1,7% di vantaggio, sarebbe bastato che l’Ulivo avesse avuto un 2% in più e avremmo avuto un vincitore in % perdente in seggi. E l’Italia è uno di quei Paesi con plausibili corse a tre (1994 e 1996, terzo polo probabile ora)

2) La mancata rappresentanza locale: Problema direttamente collegato al precedente, nelle aree dove un partito o coalizione è preponderante, è norma in un sistema uninominale che abbia anche la totalità dei seggi disponibili, non lasciando a seconde o terze forze neanche le briciole. Accade così che milioni di elettori, di forze che raccolgono anche più del 30% degli elettori non siano rappresentate. La Scozia in Inghilterra non ha avuto nel 1997 alcun conservatore eletto, così il Galles, in Canada larghissime zone dell’Ovest non hanno avuto deputati liberali e del NDP, nonostante i voti di questi partiti non fossero marginali. Questo porta anche alla focalizzazione di un partito sugli interessi di una sola parte del territorio, trasformando partiti nazionali in partiti regionali di fatto, creando distorsioni anche nelle decisioni quando si prendono provvedimenti economici nazionali. In Canada i conservatori sono stati a lungo il “Partito dell’Ovest”.
In Italia questo fenomeno è evidentissimo: in Sicilia nel 2001 tutti i collegi sono stati vinti dal centrodestra nonostante l’Ulivo avesse più del 30%, idem in alta Lombardia, così come nelle regioni rosse intere aree di milioni di persone non avevano rappresentanti di un centrodestra che pur superava il 35%. Inevitabile che anche in Italia intere zone fossero identificati con coalizioni ancora più di quanto accadeva nella prima repubblica, così zone rosse ancora più rosse e pedemontana da Torino a Gorizia, terra di artigiani e piccole imprese, sempre più blu con conseguenze accentuate al momento di prendere determinati provvedimenti.

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L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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