Quell’emendamento che avrebbe cancellato Mani Pulite
Sottolinea Liana Milella su Repubblica che «Mai, in vent’anni di norme per demolire il codice penale, si era osato tanto».
Probabilmente è vero: fosse entrata in vigore una norma simile trent’anni fa, tutte le inchieste e i processi del filone Mani Pulite sarebbero finite nel nulla.
Ma, volendo, anche la vicenda giudiziaria che vede ancora imputato Filippo Penati, oppure le inchieste che hanno finito per coinvolgere nomi ben noti in casa Pdl come Claudio Scajola e Marco Milanese.
L’idea che certe condotte siano punite solo con una sanzione amministrativa (anche se pesante), dando ovviamente l’idea che siano meno gravi di quelle punite da norme penali, è un pessimo risultato, per un provvedimento che nel titolo si propone anche di raggiungere «la trasparenza dei partiti».
Ora la magistratura, attraverso l’Anm, si premura di dire che la nuova norma avrebbe un potere repressivo e preventivo nettamente inferiore e ricorda, per l’appunto, che con quelle condizioni Mani Pulite non ci sarebbe mai stata (e questo, a qualcuno, avrebbe fatto piacere).
Tra le reazioni tra lo stupito (magari per non aver letto a dovere il testo) e l’indignato, fa da contraltare quella di Maria Stella Gelmini che dichiara la disponibilità a riformulare il testo, ma non a ritirarlo: «L’emendamento è stato interpretato in maniera non corretta – ha spiegato a Giulia Santerini di Repubblica – contempla il caso in cui una società ha iscritto a bilancio il contributo a un partito, quindi non è un comportamento doloso, ma incorre nella dimenticanza di non far deliberare su questo il consiglio di amministrazione, magari perché il commercialista non l’ha segnalato».
Peccato che la lingua italiana non sia un’opinione: l’emendamento, per come è scritto, si riferisce anche a tutte le dazioni di denaro provenienti da amministrazioni, enti pubblici e società partecipate. Lo capirebbe chiunque abbia il dono della lettura, anche senza stato ministro dell’istruzione come la Gelmini.