Nasce il comitato bolognese per Civati

Pubblicato il 31 Luglio 2013 alle 15:07 Autore: Matteo Patané

Il Sindaco di Firenze, infatti, è l’unico possibile candidato le cui proposte si andrebbero parzialmente a sovrapporre a quelle di Civati, in special modo in termini di rinnovamento interno del partito, ed è innegabile che la sua eventuale candidatura alla segreteria del partito avrebbe impatti dirimenti sull’esito dell’elezione a tale ruolo.
Proprio in rapporto a Renzi è stata fermamente espressa la volontà di Civati di non trasformarsi in un brand, di non intendere cioè la politica nel senso leaderistico che ha contraddistinto la Seconda Repubblica, quanto piuttosto, in una visione più simile a quella del M5S delle origini, di farsi portavoce delle istanze del popolo del centrosinistra, attraverso ad esempio la piena attuazione di quelle forme di consultazione interna che già lo statuto del PD prevede.

Altro tema caldo dell’incontro è stata la legittimazione della candidatura di Civati a segretario del Partito Democratico rispetto non tanto alle sue posizioni quanto al suo comportamento: pur essendo infatti largamente condivise dalla platea, le idee di Civati ed i suoi voti in aula sono spesso andati in direzione contraria rispetto a quanto richiesto dal gruppo del PD in Parlamento.
Se, infatti, costituzionalmente il mandato parlamentare non deve essere soggetto a vincoli, men che meno di partito, è però vero che la reale percezione della compagine PD in aula è quella di un immenso gruppo misto, dove coesistono sotto la stessa bandiera gruppi politici di natura ed estrazione profondamente diversa. Proprio questa eterogeneità risulta attualmente essere la principale debolezza del gruppo PD in Parlamento, e Civati, con le proprie scelte di voto, contribuisce anch’egli a questa anarchia.
Se non è in grado di accettare una decisione presa dalla maggioranza del suo gruppo parlamentare, con quale credibilità può proporsi a segretario? Con che legittimità potrà pretendere ascolto e disciplina come segretario se lui stesso è stato il primo a non offrirla?
Contrariamente a quanto si può pensare, il tema ha suscitato notevole interesse all’incontro, segno evidente di come l’elettorato democratico non abbia assolutamente il mito dell’uomo solo al comando nel proprio DNA, e creda piuttosto fermamente al dogma della legge al di sopra dell’uomo.
Ma da questa impasse, almeno nell’opinione dei promotori dell’incontro, la candidatura di Civati esce in realtà rafforzata più che indebolita, in virtù dell’obbedienza ad un patto più alto e più importante del vincolo di partito, ovvero il patto stretto con l’elettorato a momento delle primarie: il gruppo parlamentare PD, infatti, non è – per la maggior parte – un insieme di nominati, quanto piuttosto un insieme di eletti dal popolo di centrosinistra. E proprio in virtù di questo Civati sente il dovere di rispondere agli elettori prima ancora che agli organi dirigenti del PD, in special modo in un momento in cui il partito pare impegnato più che altro a distruggere uno ad uno, con ferrea determinazione, tutti i patti stretti con gli elettori durante la campagna elettorale.

Proprio da queste basi ripartiranno i successivi incontri, in cui il programma di Civati verrà raccontato, analizzato e magari anche criticato ed emendato in alcuni passaggi, in cui si decideranno le strategie comunicative e le fasce di elettorato verso cui orientare i propri sforzi: la ricerca di un PD migliore, leale ed inclusivo verso il proprio popolo.
A ben pensarci, una rivoluzione non da poco.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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