Feltri: “Al posto di Silvio sarei fuggito”

Pubblicato il 20 Agosto 2013 alle 20:54 Autore: Gabriele Maestri
vittorio feltri racconta caso boffo

Se sei stanco di lottare / puoi fermarti a riposare“. Non ci sono parole più lontane di quelle scritte da Mogol, su musica di Battisti, per una canzone da affidare a Riki Maiocchi, Uno in più – era il 1966 – per descrivere lo stato di Silvio Berlusconi.

Non è stanco di lottare e non ha nessuna voglia di fermarsi, eppure pare che non abbia alternative. Non lo dice un avversario politico, ma Vittorio Feltri.

L’editorialista del Giornale, intervistato da Beatrice Borromeo per Il Fatto Quotidiano, sembra non avere dubbi: “Sarò anche pessimista, ma questa volta credo sia davvero finita”. Davvero non ci sono vie praticabili?  “Napolitano non vedo cosa possa fare. La grazia non sta in piedi, perché esistono procedure particolari e non mi pare che Berlusconi le gradisca: non la chiederebbe mai. L’amnistia è esclusa. Il Parlamento, poi, non si lascerebbe sfuggire l’occasione per togliersi definitivamente dai piedi il nemico di sempre”.

Il discorso, a sentire Feltri, varrebbe anche per il voto sulla decadenza da senatore, anche se per quel voto il governo Letta dovesse traballare: “Napolitano non ha nessuna intenzione di sciogliere le Camere: tenterebbe di fare un altro governo, magari basato su cinque punti programmatici, a cui aderirebbero anche i Cinque stelle“. E magari anche una manciata di transfughi del Pdl.

Già, perché secondo il giornalista, una parte di parlamentari pidiellini “facendo appello al solito senso di responsabilità, aderirebbe a un Letta-bis. Sono pensieri che faranno di sicuro. E lo stesso ragionamento passa già per le teste di Letta e Napolitano. Berlusconi resterà convinto fino alla fine di poter trovare una scappatoia, ma io non la vedo”.

A pesare, in particolare, sarebbe la lunga detenzione (“Dura più di nove mesi. È difficile, poi, rientrare”). Difficile dire, anche per Feltri che lo conosce bene, con quale spirito affronterà la pena: “Finché queste esperienze non succedono davvero non si riesce a valutarle a pieno. Ricordo Alessandro Sallusti: prima di essere arrestato non era entrato psicologicamente nel ruolo del detenuto. Vale anche per Berlusconi. Ma dopo tre giorni ai domiciliari uno impazzisce. Per ora è il supporto popolare a prevenire la disperazione, ma non credo che Berlusconi veda le cose chiaramente. Infatti cambia idea, e umore, ogni due giorni”.

Gli stessi media legati a Berlusconi non hanno una linea comune: “La verità è che non ci capiamo più niente. È il caos totale, ma è normale, perché questa vicenda è talmente nuova che ciascuno si sente libero di dire la sua”. Così capita anche che non la si pensi allo stesso modo sull’ipotesi (smentita dall’interessata) di una successione di Marina Berlusconi. “Non credo che darebbe molto sollievo al padre – è il giudizio di Feltri – lui vuole fare tutto personalmente, negli ultimi vent’anni non ha mai delegato nulla. Poi Marina non ha mai fatto politica e c’è la questione delle aziende, che in famiglia hanno un bel peso”.

Fosse nella situazione di Berlusconi ora, Feltri dice che non saprebbe dove sbattere la testa. “Al posto suo – dice – sarei scappato quando ancora avevo il passaporto“. Magari – aggiungiamo noi – in Nicaragua, che non ha trattati di estradizione con l’Italia.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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