La politica estera del presidente Barack Obama

Pubblicato il 22 Agosto 2013 alle 11:16 Autore: Annalisa Boccalon

AAA STRATEGIA DI POLITICA ESTERA CERCASI

I gravi fatti egiziani di queste settimane hanno messo sotto accusa le scelte di politica estera dell’Amministrazione Obama, da molti analisti internazionali ritenute insignificanti, se non controproducenti.

Certamente il compito che è spettato al Presidente Obama è stato dei più ingrati: diventando Presidente nel 2008, ha dovuto raccogliere l’eredità delle due Amministrazioni di Bush jr. Le scelte di George Bush già avevano minato la credibilità internazionale degli USA con le due guerre intraprese nel giro di soli due anni, in Afghanistan e, soprattutto, in Iraq, con il fallimento politico e militare di quest’ultima, oltre agli scandali legati alle torture a Guantanamo e al carcere di Abu Ghraib.

La politica estera del democratico Barack Obama è stata senza dubbio segnata da alcuni eventi esterni che ne hanno segnato il corso, sullo sfondo di una crisi economico- finanziaria senza (o quasi) precedenti. Tra questi, la rielezione di Vladimir Putin a Presidente della Federazione Russa, dopo il ben più innocuo Medvedev, nel corso della cui Presidenza le relazioni con gli USA erano più miti di ora. Sfruttando la propria forza politica e carismatica, Putin ha di recente beffeggiato gli USA, accogliendo nel proprio Paese la talpa del Datagate, Edward Snowden, senza curarsi dei moniti di Washington.

Le imbarazzanti fughe di notizie

Le fughe di notizie avvenute prima con Wikileaks, poi con il Datagate, hanno messo a nudo le debolezze della potenza americana e le hanno fatto perdere parte della sua rispettabilità, creando enorme imbarazzo al Dipartimento di Stato, così come al Dipartimento della Difesa. Al contempo, le accuse di cyber-spionaggio mosse contro la Cina risultano fragili, poiché gli stessi USA hanno dimostrato d’aver “rubato segreti”, tanto ai nemici, quanto ai partner.

assange snowden

Il recente allarme di un possibile attacco alle ambasciate USA, che ha portato alla chiusura lo scorso 4 agosto di una ventina di sedi diplomatiche in una vasta area che si estende dall’Asia Centrale al Nord Africa, sembra essere più uno specchietto per le allodole che un allarme fondato. Il sospetto sorto in alcuni osservatori è stato che gli USA abbiano montato ad arte questo allarme, giustificandolo sulla base di intercettazioni tra i vertici di Al-Qaeda, raccolte dalla NSA, semplicemente per mostrare al mondo che le intercettazioni servono e sono essenziali per difendere i cittadini americani. Risulta difficile, infatti, credere che la NSA sbandieri ai quattro venti che stia intercettando le conversazioni dei leader di Al-Qaeda…

La palude mediorientale

Tuttavia, è lo scenario Mediorientale quello più complesso, dove l’Amministrazione Obama sembra essersi impantanata. Dallo storico discorso tenuto da Obama all’Università del Cairo il 4 settembre 2009, di cose ne sono accadute molte e altrettante aspettative sono andate deluse. Nel discorso del “New Beginning”, Obama, primo Presidente USA con origini musulmane, tendeva le mani al mondo musulmano. Quello stesso discorso fu menzionato dalla Commissione che poi gli assegnò il Nobel per la Pace: in esso, Obama mostrava di voler segnare una netta discontinuità con l’interventismo del suo predecessore. “Permettetemi di essere chiaro: nessun tipo di regime potrà o dovrà essere imposto ad una Nazione, da un’altra Nazione”.

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