Amato, i volti di un participio (non) passato

Pubblicato il 13 Settembre 2013 alle 17:09 Autore: Gabriele Maestri

Non giova al nuovo giudice costituzionale nemmeno il fatto che la nomina sia arrivata dopo la sua duplice esclusione dalla corsa per il Quirinale prima e per Palazzo Chigi poi (più di qualcuno ha l’impressione che si sia trattato di una sorta di risarcimento).

Il fatto che ad apprezzare molto la nomina, oltre a vari esponenti del Pd, ci siano nomi importanti del Pdl (quelli dal passato socialista come Cicchitto ma anche ex Dc come Fitto) fa temere possibili pronunciamenti della Consulta in senso favorevole a Berlusconi. Il quale, peraltro, aveva espresso la sua irritazione per una Corte tuttora spostata troppo a sinistra.

giuliano amato nominato alla consulta

Negli ultimi anni, peraltro, Amato ha fatto notizia soprattutto per i numeri. Quelli degli incarichi che ha sommato nel tempo (dalla presidenza dell’Antitrust fino alla consulenza, su incarico di Mario Monti, sulla regolazione e sul finanziamento di partiti e sindacati) e quelli della pensione che tuttora percepirebbe: nel 2011 lui stesso aveva dichiarato di ricevere, al netto delle imposte, circa 11mila euro al mese.

Amato non è certo l’unico “pensionato d’oro”, come ha ricordato Cazzola alludendo a Rodotà, e certamente la nomina a giudice costituzionale riconosce il suo merito. E’ altrettanto vero, però, che calmierando lo stipendio e la pensione di questi signori si ricaverebbero risorse utili a ricompensare chi, finora, non è riuscito a farsi riconoscere il proprio, di merito.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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