Le elezioni trentine ed il flop a 5 Stelle

Pubblicato il 3 Novembre 2013 alle 12:30 Autore: Matteo Patané

 

Le elezioni provinciali in Trentino – che per le peculiarità istituzionali della regione vanno a rinnovare anche il Consiglio Regionale, formato dalla somma dei consigli provinciali – segnano un altro tassello importante nella comprensione dell’attuale situazione politica nel Paese, soprattutto in termini di percezione del mondo politico da parte dell’elettorato.

Sia a Trento sia a Bolzano il centrosinistra, inteso come coalizione di partiti di cui fa parte il PD, trionfa nettamente: in Trentino la coalizione formata da PD, PATT, UpT e formazioni minori conquista il 58% dei voti, il 2% in più del risultato di Dellai alle precedenti elezioni; in Alto Adige la SvP per la prima volta perde la maggioranza assoluta dei seggi, ma l’area considerata ascrivibile al fronte progressista indicativamente si attesta sopra il 60%.

L’affluenza si è attestata al 62% a Trento (73% alle precedenti elezioni) e al 77% a Bolzano (80% alle scorse elezioni) penalizzando quindi i candidati di lingua italiana. Rispetto alle politiche i cali sono stati invece del 18% a Trento e del 5% a Bolzano.

Il manifesto del M5s per le elezioni trentini

Il manifesto del M5s per le elezioni trentine

Proprio il raffronto con le politiche – pur nella diversità delle consultazioni interessate – è lo spunto di analisi per la valutazione dell’andamento del MoVimento 5 Stelle, alla presa con l’ennesima batosta elettorale dopo l’exploit delle elezioni di febbraio.
Sull’onda lunga del successo elettorale delle elezioni politiche e della crisi del PD dopo l’impallinamento di Prodi, il Friuli-Venezia Giulia doveva diventare la prima regione a cinque stelle; nella tornata delle amministrative l’obiettivo, più o meno velatamente dichiarato, era nientemeno che il Comune di Roma, mentre alla fine l’unico successo per la formazione grillina venne da Ragusa; ora il flop, perché tale è stato, in Trentino-Alto Adige.
Se tre indizi fanno una prova, sarebbe d’uopo nel MoVimento 5 Stelle iniziare a chiedersi come mai l’elettorato stia punendo in maniera così sistematica il M5S in tutte le tornate amministrative che si sono succedute da febbraio ad oggi.

Nel blog di Grillo un breve post a firma Riccardo Fraccaro celebra l’elezione come un successo, con l’ingresso di due esponenti nel consiglio provinciale trentino e di uno in quello altoatesino. L’obiettivo dell’elezione, secondo il post, era quindi quello di riuscire a far eleggere almeno un proprio esponente per avere un “infiltrato” nel Palazzo, in grado di portare alla luce i segreti della politica regionale.
Visto in quest’ottica sicuramente il risultato di queste elezioni provinciali è indubbiamente positivo, nonché un miglioramento rispetto al 2008 quando il M5S nemmeno esisteva, almeno non nella forma attuale.
Che questo stesso obiettivo fosse il medesimo della vigilia, o l’obiettivo a cui era lecito puntare dopo il lusinghiero risultato delle elezioni politiche è però difficilmente credibile.

Alle elezioni di febbraio, relativamente alla Camera dei Deputati, il MoVimento 5 Stelle aveva totalizzato a Trento il 20,8% con 63.758 consensi; a Bolzano i risultati erano stati invece l’8,3% con 24.864 preferenze.
In otto mesi, pur in un contesto differente, i dati si sono ridotti drammaticamente: a Trento il M5S scende a 13.877 preferenze per un totale del 5,84% (che diventano 14.240 voti e una percentuale del 5,72% se si considera il dato del candidato presidente e non quello di lista), mentre a Bolzano i voti complessivi si attestano a 7.097 e al 2,50%.
La matematica non lascia adito a dubbi: in Trentino il MoVimento perde quasi 50.000 voti, i tre quarti di quelli che aveva conquistato alle politiche, evidenziando un calo di consensi ben quattro volte superiore alla diminuzione dell’affluenza. Crisi analoga in Alto Adige, con un calo assoluto di oltre 17.000 voti, pari ad una diminuzione del 70% delle preferenze rispetto alle politiche; il calo di preferenze rispetto alla diminuzione dei votanti assume proporzioni drammatiche, con un tasso di disaffezione addirittura diciotto volte superiore.

Perché questo comportamento? Perché quasi 70.000 persone, una città delle dimensioni dell’Aquila, dovrebbe aver scelto di non votare più il MoVimento 5 Stelle dopo averlo preferito nel mese di febbraio, rifugiandosi nell’astensione o in altri partiti?
La risposta a questo quesito, su cui il M5S dovrebbe interrogarsi piuttosto che – in un modo che somiglia troppo pericolosamente agli usi dei tanto vituperati partiti – ridefinire al ribasso i propri obiettivi a valle della competizione elettorale, pare incardinata su due questioni dirimenti.

La prima riguarda, naturalmente, la differente tipologia di competizione elettorale.
Sicuramente delle elezioni provinciali hanno valenza locale, servono per esprimere rappresentanti del popolo a livello territoriale espressamente per il governo del territorio. Esiste in queste elezioni un filo diretto tra elettore ed eletto che nelle competizioni politiche tende a diventare molto meno evidente. L’elettore medio italiano, in modo quasi paradossale ma pienamente giustificato dalla classe politica nazionale dell’ultimo ventennio, tende a vedere l’istituzione locale come il reale elemento di tutela e governo del cittadino, laddove la politica romana viene ormai vista come un luogo di sprechi e corruttele.
Il MoVimento intercetta appieno il malcontento generalizzato verso il governo centrale, ma evidentemente non riesce (ancora?) a cogliere l’esigenza di tutela e ordinamento a livello locale necessaria per vincere le elezioni amministrative.
L’idea della semplicità al potere, dell’uomo della strada messo al comando, può essere accettabile in un posto dove la principale esigenza percepita dalla popolazione è quella di fare pulizia, ma non in un posto da cui ci si attendono risposte concrete a problemi concreti: la classe dirigente selezionata dal MoVimento 5 Stelle non viene, semplicemente, considerata adeguata per posizioni di governo.
Non stupisce infatti che il candidato del M5S alla presidenza della provincia di Trento abbia in proporzione fatto peggio delle liste a suo sostegno, evidenziando un valore aggiunto rispetto alla forza della lista nettamente inferiore ai candidati degli altri partiti; se è vero, da un lato, che la forte connotazione di gruppo del M5S in qualche modo lo penalizza nelle competizioni elettorali monocratiche, dall’altro è evidente nel panorama pentastellato l’assenza di elementi di spicco e carismatici al di là della figura del leader Grillo.

Il secondo punto di analisi è invece incentrato sul giudizio politico sull’operato del M5S nel corso di questa prima esperienza parlamentare del partito, fattore complicato per di più dal fatto che il MoVimento non possiede ancora un elettorato realmente fidelizzato, ma si ritrova ad aver raccolto consenti da una vasta ed eterogenea platea elettorale, partita con aspettative e opinioni ben diverse su quella che sarebbe dovuta essere la condotta politica del MoVimento.
In una simile situazione non sarebbe stato di per sé facile replicare il risultato delle politiche, non si può tuttavia non ritenere che il modo in cui il M5S ha condotto le sue battaglie politiche in Parlamento non abbia avuto impatti sull’elettorato, raffreddando molti degli entusiasmi sorti nel periodo delle politiche.
La sistematica volontà di estraniarsi dal gioco delle alleanze con le altre formazioni per cercare di ottenere il massimo possibile da un governo in qualche modo amico, piuttosto che l’assenza – o comunque il poco risalto – di proposte strutturate sui grandi temi economici e sociali che attraversano il Paese, le dichiarazioni di Grillo sulla volontà di attendere fino al raggiungimento della maggioranza assoluta per partecipare al governo del Paese, sono fattori che indubbiamente hanno portato una buona fetta dell’elettorato del M5S a pensare che il loro voto di febbraio sia finito in una sorta di congelatore, un voto di proposta verso un’alternativa trasformato in un voto di protesta tutto sommato fino a questo momento piuttosto sterile.

Nel 2014 con le elezioni europee, concettualmente e strutturalmente più simili alle politiche, il M5S avrà una vera cartina al tornasole dell’evoluzione del suo elettorato dell’ultimo anno, e prima di quell’evento qualsiasi analisi politica contiene in sé troppi azzardi per poter essere considerata affidabile al 100%. È tuttavia vero che le competizioni elettorali degli ultimi mesi stanno inviando segnali negativi al M5S, il quale a sua volta dovrebbe mostrare di avere l’umiltà di accettarne l’esistenza e cercare di capirli e interpretarli.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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