Romagnoli (Fiamma): “Sì all’unità della destra ma Alleanza nazionale non sia nuovo partito”

Pubblicato il 8 Novembre 2013 alle 17:45 Autore: Gabriele Maestri

Domani potrebbe rivivere Alleanza nazionale. Sembra questa l’idea di varie sigle (La Destra, Fli, Io Sud, Fiamma Tricolore, Nuova Alleanza, Fondazione Giuseppe Tatarella ed altri) che stanno seriamente pensando di recuperare un nome e un simbolo che dal 2008 non vengono più utilizzati. E mentre la Fondazione An si preoccupa di dire che non è stato concordato nessun uso del simbolo e invita Storace e gli altri a non farlo, colpisce vedere tra gli organizzatori della conferenza stampa di domani la Fiamma tricolore, nata per accogliere chi in An non voleva entrare.

E’ lecito avere qualche dubbio, ma i dubbi li ha anche il segretario della Fiamma, Luca Romagnoli, che alla vigilia dell’incontro con i giornalisti chiarisce a Termometro Politico le sue intenzioni: la destra per recuperare voce ha bisogno di una svolta rispetto alla frammentazione di cui è vittima, ma domani non dovrà nascere un nuovo partito. “Non mi interessa farlo e, da statuto, non potrei nemmeno. Lavoro per promuovere l’unità, ma un nuovo Movimento per Alleanza nazionale creerebbe solo confusione”.

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Segretario, quindi anche la Fiamma tricolore partecipa alla “nuova” Alleanza nazionale? Quando l’ho letto la prima volta ammetto che sono rimasto perplesso…

Beh, come perplesso in verità sono io. Nel senso che partecipo a questa iniziativa sperando che sia l’inizio di un percorso di riaggregazione di tutta la destra italiana, perché ritengo che purtroppo, da un punto di vista per lo meno elettorale, la frammentazione che c’è ormai non possa produrre alcun risultato per nessuno. Questo non significa solo perdere opportunità di essere eletti, ma addirittura non avere più nessuno che rappresenta i nostri programmi, progetti e valori.

Questo a tutti i livelli territoriali?

Di fatto ora la destra italiana non partecipa al disegno dei destini delle comunità locali, perché la riduzione dei consiglieri comunali operata alla fine del 2011 rende difficile ai piccoli partiti di destra l’elezione di rappresentanti. Nelle regioni rischia di avvenire la stessa cosa, le elezioni provinciali non ci saranno più. Quanto al Parlamento europeo e alle elezioni politiche, è stato inserito uno sbarramento del 4% per chi si presenta fuori dai poli, per cui francamente l’esigenza tecnico-pratica di superare la frammentazione è sotto gli occhi di tutti. Aggiungerei che, all’esigenza tecnica, si accompagna un’esigenza politica: vedere non rappresentata in maniera adeguata alcune delle nostre proposte, non dà molta speranza.

A quali proposte pensa?

Quando si tratta di difendere il sociale, ci vorrebbe qualcuno che si impegnasse in quella direzione anche a destra e non lasciasse solo alle sinistre questo compito. Quando va difeso l’interesse nazionale, ci vorrebbe qualcuno che lo fa resistendo alle pressioni di lobby e interessi che agiscono su altro. Si tratta di esigenze diffuse in un elettorato di destra che è ampiamente smarrito. Prima Alleanza nazionale è entrata nel Pdl, poi l’uscita di Fini, la frammentazione nel Pdl… il quadro è sotto gli occhi di tutti. Quelli che hanno sempre votato per il Msi prima e per An o per la Fiamma poi credo abbiano questa sorta di “sindrome da assenza della destra italiana”.

Anche a sinistra c’è un problema di frammentazione, ma ogni volta che hanno provato a mettersi insieme alle elezioni, dalla Sinistra – l’Arcobaleno del 2008 a Rivoluzione civile quest’anno, sono sempre rimasti sotto lo sbarramento…

Il fatto è che queste operazioni non vanno fatte un mese o anche due mesi prima delle elezioni: ovviamente non c’è il tempo per far capire l’operazione alla gente, per spiegarla ai militanti, così poi ci si ritrova il “papocchio” di un’alleanza elettorale all’ultimo momento, a qualcuno piace, a qualcuno no. Per dire, noi già ora siamo in ritardo se vogliamo pensare alle elezioni europee. Cioè, l’obiettivo di presentarci insieme alle europee può essere perseguito, mentre da soli con l’attuale legge è molto difficile, credo che tutti quanti lo capiscano; io però vado un po’ oltre rispetto alla mera tecnica elettorale, si tratterebbe davvero di ricomporre un mondo che si è frammentato con distinguo a volte anche poco comprensibili.

In che senso?

Quando io nel 1995 ho deciso di seguire nella Fiamma tricolore Pino Rauti, Pisanò e altri che non aderirono ad Alleanza nazionale, era una situazione molto diversa da oggi. C’era una situazione grave sul piano economico, morale, sotto vari profili; eppoi per me, che avevo poco più di trent’anni, la fine del Msi era parsa la fine del sogno della mia giovinezza. Mi chiesi “ma perché devo fare quello che non penso di fare?”: avessi avuto prima certe idee, sarei entrato nella Gioventù liberale, magari in Comunione e liberazione, non certo nel Fronte della gioventù e nel Msi. All’epoca lo sentii così e in molti sentirono come me.

Oggi, invece, come la vede?

Guardi, le dico francamente, non tengo alla riedizione di quel simbolo e di quel nome, anche perché è una storia che non mi appartiene per quelle scelte che ho fatto. Non ci tengo e non sono molto entusiasta di questa riproposizione. Ma siccome per me l’obiettivo è riannodare dei fili, avremo anche fatto scelte diverse, ma le persone per bene e in buona fede devono poter trovare non massimi comuni denominatori, ma minimi comuni multipli per poter continuare a fare politica e continuare a dire la nostra.

Quindi adottare quel nome e quel simbolo per voi è un sacrificio possibile…

Diciamo che è un sacrificio sopportabile, secondo me. Poi si vedrà, non è detto che vada proprio così: ci sono difficoltà prima di tutto di metodo, nella disponibilità di quel simbolo che non mi sembra affatto chiara. Anche sul merito avrei qualche dubbio, ma non pensando al passato o a cosa quel simbolo ha rappresentato: comunque all’interno la fiamma del Msi c’è, quando a Fiuggi non ho aderito ad An non era ancora chiaro se la fiamma sarebbe rimasta o no… Mi lascia perplesso invece il riproporre un “contenitore” nato quasi vent’anni fa, quando magari ci vorrebbe qualcosa di nuovo. Certamente però la fiamma nostra, o quella del Msi o un simbolo che in qualche modo rappresenta un’identità deve esserci.

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Come hanno accolto il progetto all’interno della Fiamma tricolore?

Vede, ai nostri io ho parlato di una federazione con altri partiti, La Destra, Fli e così via, per cercare di superare lo sbarramento. Ora questa cosa non è scritta a chiare lettere in qualche documento, ma partecipo a titolo individuale a una proposta di associazione tra forze che vogliono comporre il quadro della destra italiana, dandosi per ora come nome “Movimento per Alleanza nazionale”. Ho raccomandato a molti dei nostri, che guardano con antipatia all’operazione simbolica, di guardare oltre. Dico: non fermiamoci al problema simbolico, che potrebbe essere superato se si scoprisse che l’emblema non è disponibile. Magari porremo le nostre eccezioni, ma ora appaiono quasi premature. Una cosa però voglio dirla.

Cioè?

Io voglio impegnarmi per l’unità dell’area, ma non voglio fare un altro partito. Cosa avverrà non è chiaro, documenti non ne abbiamo ancora. Se parteciperò, sarà solo per promuovere l’unità della destra: non voglio partecipare a nulla che sembri la costituzione di un partito. Non mi interessa e lo statuto della Fiamma non mi permette di farlo, dovrei avere una proposta e presentarla al comitato centrale. Si era parlato di una federazione di partiti, che un giorno potrebbe evolvere in un’unica sigla: non sono contrario, in teoria, ma prima vediamo di federarci e fare qualcosa insieme. Per unificarsi non ci si deve distruggere; un nuovo partito chiamato Movimento per Alleanza nazionale sarebbe un nuovo fatto di confusione.

Ma parteciperà alla definizione di questo progetto politico?

Io sono stato invitato e non partecipare oggi a qualcosa che si propone il tentativo di rinunificare la destra penso che sia sbagliato. La Poli Bortone, Storace e tutti gli altri contano molto sul simbolo anche per ragioni propagandistiche e posso capirli: per chi non è un militante ma un semplice elettore, è un simbolo di sicuro richiamo. C’è anche chi dice già che da solo l’emblema vale il 2%, il 4%… ma con quelle percentuali è praticamente impossibile eleggere qualcuno che porti avanti il tuo progetto. E allora ha senso fare un partito che non riesce a superare sbarramenti elevati? In Italia non è come in Francia o in Germania, dove gli sbarramenti si possono superare all’improvviso: altre leggi e altri mezzi economici: si parla del successo del Font National di Marine Le Pen, ma noi ci sogniamo quei mezzi per la propaganda, come pure il loro accesso ai media…

Il fatto che a questa “nuova” Alleanza nazionale partecipi anche Fli, sia pure senza Fini, che impressione le fa?

Mah, guardi, la questione di Fini in sé non mi riguarda, tant’è che io non ho mai avuto la tessera di An, sono passato dal Msi alla Fiamma. Credo che Fini vada considerato per quello che è, come persona che ha fatto certe scelte e che per lungo tempo ha avuto anche seguito. Sulle divergenze tra Fini e Berlusconi non entro. Ci sono persone che hanno criticato Fini per quella scelta, ma non sarebbe corretto da parte mia giudicarla: al massimo posso rimproverargli di avere scelto un approccio liberale e non sociale, ma niente di più.

++ FINI,DA PREMIER MENZOGNE, NON CONOSCE PAROLA VERGOGNA ++

Dicevamo di Fli…

Sulla presenza di Fli, che dire: conosco persone che ne fanno parte e la mia stima o disistima verso di loro non dipende dalla loro collocazione, ma dalle scelte di valori che hanno fatto, il mio giudizio verso di loro non cambia per la loro militanza in Fli. C’è chi dice che sono incoerenti, ma… la coerenza è un giudizio difficile. Se ci limitiamo al legame ai simboli, allora la questione è semplice, ma c’è molto altro e il giudizio diventa opinabile; non sono opinabili le esigenze poste dalle persone, ad esempio la lotta alla pressione fiscale, all’eccessiva dipendenza del nostro paese dall’estero e soprattutto dall’Europa, e così via. Queste sono cose concrete e credo che a questo si debbano trovare risposte. Certo, alcune cose però pesano…

Ad esempio?

Penso ad esempio ad alcuni valori che hanno da sempre caratterizzato la destra e che in chi vuole unificare la destra devono ritrovarsi, a partire dalla considerazione per la famiglia tradizionale,  il mattone che consente alla nostra società di continuare a vivere. Se le risorse sono poche, credo vadano date innanzitutto a quel tipo di famiglia; sento alcune persone che dicono “Eh, ma di famiglie potrebbero essercene altre”, ma io su questi punti non sono disposto a cedere, sono i capisaldi della nostra cultura.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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