Emilia: la Corte dei Conti rivuole i soldi delle interviste a pagamento

Pubblicato il 4 Dicembre 2013 alle 14:43 Autore: Gabriele Maestri
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Arriva a una prima conseguenza lo scandalo delle interviste a pagamento che i consiglieri dell’Emilia Romagna avrebbero ottenuto presso alcune emittenti televisive locali. In particolare, la Corte dei Conti ha recapitato a sette capigruppo un atto di citazione a giudizio per danno erariale: hanno ricevuto l’atto Silvia Noe (Udc), Roberto Sconciaforni (Federazione della Sinistra), Marco Monari (ex Pd), Giuseppe Villani (Pdl), Mauro Manfredini (Lega), Gian Guido Naldi (Sel), Andrea Defranceschi (M5S).

In totale i consiglieri dovranno restituire alla regione circa 100 mila euro. Monari, da poco dimessosi (anche per altri scandali) dalla guida del gruppo democratico in assemblea legislativa, avrebbe speso circa 15mila euro tra 2010 e 2012, una somma analoga per l’Udc, mentre la Lega avrebbe pagato cinque volte tanto; molto meno (“solo” 3mila euro) per il Pdl Villani. Il problema non sarebbe tanto costituito dal pagamento in sé delle interviste (pratica deontologicamente poco corretta), ma dal fatto che le somme per pagarle verrebbero dalle risorse a disposizione dei gruppi consiliari.

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Lo precisa proprio la Corte dei Conti, ricordando come l’inchiesta sia nata a partire da un’inchiesta giornalistica condotta da Repubblica nell’estate dell’anno scorso. I magistrati contabili parlano di “un danno erariale” dovuto all’uso di parte dei fondi ricevuti dall’assemblea “a titolo di contributo per l’attività istituzionale” per pagare servizi (le interviste) “che non possono però avere natura onerosa”. E per la Corte gli eletti (e ancora di più i presidenti) dovevano sapere che la condotta era illecita, perché “la conoscenza della disciplina in materia di comunicazione politica” deve rientrare tra le loro conoscenze.

Quasi tutti i capigruppo, però, sono ancora convinti di avere agito in modo regolare: per Naldi di Sel-Verdi si è trattato di trasmissioni “non paludate, ma di occasioni per illustrare quello che facevamo, c’era un contraddittorio vivace con il pubblico” (senza però negare l’uso del denaro pubblico). ” Il fatto che ci siamo tutti comportati allo stesso modo significa che prima ci siamo confrontati per non compiere atti illeciti” dice convinta la capogruppo Udc Silvia Noè, cui fa eco il leghista Manfredini.

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La reazione più piccata, però, è quella di Andrea Defranceschi del MoVimento 5 Stelle: a suo dire, infatti, le contestazioni non possono riguardare lui. “Se qualcuno deve risarcire, dev’essere l’ufficio di presidenza a farlo: ha scritto e approvato il regolamento sull’ammissibilità di quelle spese”. Lui però non si accontenta e nota che “Era Giovanni Favia ad andare in tv, io non sono mai andato perché non pensavo fossero utili“.

Arriva però anche la risposta dell’ex M5S (che però fa ancora parte del gruppo, come indipendente): “Come al solito, non si va nel merito delle singole spese, rinunciando a distinguere tra chi ha usati quei fondi per portare avanti la sua attività di consigliere e chi l’ha fatto per motivi personali o di partito. Le decisioni del gruppo sono sempre nate da un sano e proficuo confronto tra noi due”. In particolare, nell’ultimo periodo il gruppo si sarebbe deciso a usare la tv come mezzo ritenendolo “più efficace, rispetto a internet, per arrivare direttamente ai cittadini”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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