Alfano alza il tiro: “Jobs Act fermo al ‘900”

Pubblicato il 12 Gennaio 2014 alle 16:09 Autore: Alessandro Genovesi
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Al termine del seminario del Nuovo Centrodestra, organizzato a Brindisi, Angelino Alfano rilancia la palla nel campo del Pd, stroncando il Jobs Act renziano, giudicato ancorato al secolo scorso. “Il Partito democratico deve avere coraggio. Chiediamo al Pd di non proporci idee e regole da Novecento, perché la prima eco della proposta Jobs Act ci sembra molto somigliante a proposte del passato”.

Una bocciatura, dunque, alla quale il vicepremier somma la proposta per il lavoro elaborata da Ncd: “Il nostro testo è pronto e la prossima settimana lo offriremo al premier al quale ribadiremo che il sostegno al governo è legato alla stipula di un contratto che possa fare il bene dell’Italia”. Il testo degli alfaniani è decisamente più liberista della proposta di Renzi, come spiega lo stesso Maurizio Sacconi, già ministro del Welfare dell’ultimo governo Berlusconi e spesso in contrasto con la Cgil: “Ci sono profonde differenze con il jobs act di Matteo Renzi”.

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“Da parte sua – ha spiegato parlando con i giornalisti –  mi sembra che ci sia un’idea tradizionale della sinistra fatta di molti vincoli per il lavoro, di molte rigidità che non fanno lavoro e dall’altra parte un’idea, un’ideologia della partecipazione ai consigli di amministrazione, mentre noi vogliamo soprattutto la partecipazione agli utili, ai risultati, alla produttività maggiore. Insomma noi vogliamo fare salario e profitti insieme”.

Il piano degli alfaniani è strutturato in dieci punti e verrà presentato al premier Enrico Letta e poi in Parlamento, nella forma del disegno di legge. Gli aspetti fondamentali sono una riduzione drastica delle regole del lavoro, “a cominciare dall’art. 18, che va abrogato” per arrivare “alla contrattazione in azienda sia a livello individuale che collettivo” che, nelle intenzioni del Ncd, dovrebbe sostituire la contrattazione nazionale.

Altri aspetti salienti sono la riproposizione delle “modalità di assunzione introdotte dalla legge Biagi e cancellando le relative correzioni della legge Fornero eliminando la rigida disciplina delle mansioni e superando il divieto delle tecnologie di controllo”; il rilancio dell’apprendistato “come fondamentale contratto di ingresso a tutela progressiva, semplificando i progetti formativi e assegnando la certificazione delle competenze acquisite anche ai consulenti del lavoro e alle associazioni di categoria” e la promozione del “libero coinvolgimento dei lavoratori nella vita dell’impresa con particolare riferimento alla partecipazione all’azionariato e agli utili, senza determinare obbligatoriamente confusione nelle responsabilità gestionali”. Differenze sostanziali, dunque, rispetto alle proposte lanciate dal Pd. La patata bollente, l’ennesima, è ora nelle mani del Presidente del Consiglio.

L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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