I Bitcoin: cosa sono e quale regolamentazione

Pubblicato il 29 Gennaio 2014 alle 19:57 Autore: Marco Caffarello

I Bitcoin; cosa sono e quale regolamentazione

I bitcoin, la nuova moneta virtuale, stanno rapidamente imponendosi nella realtà dei mercati. Complice la crisi, sono sempre di più i commercianti che hanno scelto di adoperarla a tutti gli effetti come moneta di scambio. Data la diffusione, è ora necessario arrivare ad una regolamentazione comunitaria ed internazionale del loro uso, almeno per gli aspetti essenziali, quali la tracciabilità

Parlare di Bitcoin significa parlare di una moneta virtuale nata nel 2009 dalla fantasiosa idea di un anonimo riconosciuto sotto lo pseudonimo di Sashi Nakamoto; in pratica si tratta dell’equivalente della carta moneta contante trasferita nei circuiti informatici della rete. Si tratta di un vero e proprio nuovo fenomeno economico reso possibile dalle tecnologie, che si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo, tant’è c’è chi sostiene, data gli evidenti vantaggi che reca all’economia reale, come l’abbattimento dei costi per stampare moneta cartacea, e perchè differentemente dalle ‘vecchie’ monete non possono essere  né contraffatti, né possono essere svalutati, che presto si sostituiranno del tutto al denaro fisico.

Questa valuta, il cui valore non è fissato da nessuno stato, può esistere infatti solo nella realtà virtuale di un computer, ed è emessa da una rete di calcolatori distribuita in tutto il mondo; i Bitcoin si comportano infatti come i più comuni contanti e le transazioni effettuate con questo sistema non possono essere annullate, e inoltre permettono di trasferire denaro online velocemente e gratuitamente.

Diversamente da quanto si possa credere a prima vista, i mercati, probabilmente complice la crisi, sembrano gradire la realtà tutta virtuale di questa nuova valuta di scambio, e la sua adozione sembra non conoscere infatti resistenza, tant’è che solo qualche giorno fa il Sole24Ore riportava la storia di un ‘barbiere’ del Trentino intenzionato a farsi pagare anche in Bit dai suoi clienti, ovviamente se in possesso di determinati programmi informatici:”Ormai faccio il collaboratore – spiega per il Sole – e i titolari sono i miei figli, 28 e 30 anni. Al più grande, appassionato d’informatica, è venuta l’idea dei bitcoin. Ha scaricato un programma gratis per il computer del negozio, abbiamo ottenuto il Qr-code (il codice a barre bidimensionale) e siamo a posto. Il cliente che ha i bitcoin può pagarci dal suo telefonino».

Acquistare Bitcoin infatti è semplicissimo: la prima cosa da fare sarà trasferire denaro nel proprio conto Bitstamp, ossia un ‘mercato’ bitcoin di base che consente alle persone di comprare e vendere bitcoins in modo sicuro. Preliminarmente bisognerà ‘loggarsi‘ ad un proprio account Bitstamp, e a quel punto si riceverà un codice di riferimento univoco di 11 cifre e tutte le informazioni del conto in cui devono andare i fondi. Una volta ricevuto il deposito si accrediteranno sul conto e si potrà così iniziare subito con le spese in bitcoin. Si deduce facilmente quindi che i problemi che presenta questa nuova moneta virtuale più che inerire la sua stessa funzionalità, che sembrerebbe efficiente, a tutti gli effetti una moneta di scambio al pare delle altre, attecchiscono la sua regolamentazione, dimostrando, ce ne fosse ancora bisogno, che mondo tecnologico ed informatico, e mondo politico e regolamentativo, non viaggiano affatto a pari velocità. Solo pochi giorni fa, infatti, anche negli ambienti della politica italiana si è iniziato a discutere con una certa consapevolezza di questo nuovo fenomeno in rapida espansione tra la massa, tanto da spingere il deputato candidato tra le file di SEL, Sergio Boccaduri, a presentare un emendamento che ne regolamentasse lo scambio, l’acquisto e la vendita, per poi ritirare la proposta per il sostanziale ostracismo dei suoi colleghi parlamentari. Così infatti dichiara il deputato SEL per il Corriere solo qualche giorno fa:” Ho scatenato due tipi di reazioni: da una parte c’è stato chi mi ha detto che non sapevo di cosa stavo parlando e dall’altra la comunità italiana a sostegno del Bitcoin ed esperti in materia che hanno avuto un atteggiamento interlocutorio. Ritirato l’emendamento, voglio aprire un tavolo con questi soggetti nel mese di febbraio per capire in che modo trattare la questione

E già, perchè la verità sui Bitcoin non è ancora del tutto chiara, e come al solito l’introduzione di nuove ‘realtà’ nella vita sociale è fonte di mille dibattiti. C’è, infatti, chi sostiene che la moneta virtuale sia anche più sicura della moneta reale, non potendo essere contraffatta e non potendo essere svalutata; anzi, c’è chi sostiene che investire nei Bitcoin sia persino migliore di un investimento in oro, per le medesime ragioni di sicurezza poco sopra accennate, e per una serie di altre ragioni quali la facilità della loro distribuzione e per l’immediatezza con la quale si possono reperire.

Ma c’è chi sostiene, a dimostrazione di quanta confusione ancora esista intorno a questo tema, addirittura sconosciuto a molti, sopratutto tra gli anziani nei Paesi più ricchi, e in intere popolazioni dei Paesi più poveri dove internet ancora fatica ad inserirsi, che il lancio di valute virtuali possa ritornare utile solo alla malavita e ai cattivi costumi. Non a caso Gawker, un famoso blogger newyorkese, confessa che nel 2011 i bitcoin erano la valuta principale in uso su ‘Silk Road‘, un sito di commercio online su cui era possibile procurarsi droga e altre merci considerate illegali in molti paesi, tra cui materiale pornografico e armi; nell’ottobre del 2013 il sito in questione sarà infatti soppresso dal FBI e il suo fondatore, Ross William Ulbricht, arrestato. Ciò nonostante, l’uso della moneta virtuale è in costante crescita tra gli addetti ai lavori, ossia tra gli stessi commercianti, ed episodi come quelli della Skill Road non sono altro che una disdicevole conseguenza della pressoché nulla legislazione in materia.

Tanto più urgente, dunque, si dimostra l’esigenza di arrivare ad una regolamentazione dello scambio di questa valuta, non fosse per la realtà dei fatti, e dunque per un più semplice senso di realismo:

Io mi sono chiesto se si possono acquistare con Bitcoin beni che hanno un prezzo di mercato”, spiega ancora Boccaduri,” Sì, si può fare. Ma una pompa di benzina attualmente può farsi pagare in Bitcoin? No, perché sarebbe l’equivalente di un baratto utilizzabile fra privati, ma non da parte di realtà con un regime ordinato dal punto di vista amministrativo. Non mi interessa la questione della tassazione, ma se si impone al Bitcoin la stessa tracciabilità della valuta normale (sopra i 1.000 euro, nda) benzinai o supermercati potranno aggiungerla alle modalità di pagamento. Non voglio mettere le briglie, voglio incoraggiare la diffusione di questa soluzione. E perché accada è necessario regolamentarla”.  Se si vogliono, dunque, evitare casi estremi nei quali una moneta accettata a conti fatti dai mercati non favorisca il malaffare, è sin da ora necessario arrivare ad una migliore legislazione in merito alla sua  tracciabilità, una misura tra l’altro che eviterebbe anche la più classica delle evasioni: “Io un’idea ce l’ho ed è legata all’exchange (le società che cambiano i Bitcoin in dollari o euro, nda): potrebbe essere il passaggio utile per identificare chi utilizza le monete digitali. Non è qualcosa da cui si può prescindere. La legge dice che oltre i 1.000 euro bisogna utilizzare uno strumento tracciabile, se il Bitcoin non viene regolato in questo senso non può essere utilizzato”, afferma ancora il deputato SEL.

E’ ovvio che non potrà essere a discrezione di un singolo Stato la ‘liberalizzazione’ delle monete virtuali, ma dovrà essere frutto di una concertazione internazionale; in tal senso l’argomento sta infatti acquistando sempre più spazio negli ambienti della Comunità Europea, e c’è chi è pronto a scommettere che ben presto i burocrati di Bruxelles arriveranno, data l’evidenza del fenomeno, ad una pronta regolamentazione del suo uso, almeno per i suoi aspetti principali, quali appunto la tracciabilità dei movimenti, una misura che oltre a rendere chiaro chi li spende, come, e per cosa, avrebbe poi un ritorno probabilmente anche nella realtà del fisco. Non a caso così conclude il ‘nostro’ barbiere del Trentino:”Non lo sapevo, ma avevo sentito in tv che era stato usato per compravendite di armi e droga, perché non tracciabile. Non dovrebbero esserci rischi invece se si fa come noi. Se un cliente paga coi bitcoin, e per ora non è ancora accaduto, facciamo la ricevuta in euro, altrimenti non risulterebbe e sarebbe un problema fiscale».