Galan vs Tremonti: alla ricerca della battaglia culturale

Pubblicato il 25 Aprile 2011 alle 09:49 Autore: Livio Ricciardelli
Galan vs Tremonti: alla ricerca della battaglia culturale

In tempi di festa si è più rilassati. Ma questo sembra non valere per la maggioranza di governo che in questi giorni sta andando in fibrillazione come non mai tra astruse modifiche costituzionali e Lassini vari.

Ma siccome la serenità coinvolge e attanaglia gran parte del sentire comune, molto spesso alcuni fatti, alcune storie e, perché no, anche alcune farse, tendono a connotarsi in chiave strettamente romantica.

È il caso, uno su tutti, del caso “Galan vs Tremonti” che ha coinvolto appunto, come si evince dal titolo, il titolare del dicastero per i beni e le attività culturali e il superministro dell’economia.

In un’accesa intervista a “Il Giornale” l’ex Presidente della Regione Veneto ha accusato Tremonti di perseguire una politica economica sbagliata che non potrà che causare la sconfitta del centrodestra alle imminenti elezioni amministrative.

Del resto le precisazioni (subito dopo l’intervista si è tenuto un acceso vertice a Palazzo Grazioli tra Tremonti e il Presidente del Consiglio) dei vari esponenti del Pdl successivi all’intervista di Galan (e conseguenti alle disposizioni “dall’alto”) tendevano a dipingere Tremonti come colui che “ha tenuto la barra dritta nei conti pubblici” o colui “che ha solo l’ingrato compito di tenere stretti i cordini della borsa”.

Ma in realtà Galan non ha sferrato solo questo pesante attacco politico a Tremonti, lo stesso che ha causato la levata di scudi del plenipotenziari della Lega e del Pdl nei confronti del commercialista di Sondrio. Galan ha anche posto dei problemi, sotto forma di sfogo, di tipo culturale che non gli stanno bene. Così come gran parte degli indirizzi generali dell’attuale esecutivo.

La colpa dell’attuale governo infatti secondo la versione di Galan è quello di affidare la politica economica del paese ad un’ex socialista che snaturerebbe l’impianto complessivo e originario del berlusconismo. Galan invoca un ritorno ai bei tempi: occorre una scossa all’economia, occorre pensare anche alla crescita e soprattutto occorre ritornare ai bei tempi della rivoluzione liberale. Quella del 1994. Perché “vogliamo il Berlusconi libertario. Quello del ’94. Berlusconi non è Breznev” come ebbe a dire Giuliano Ferrara nel corso della kermesse degli ultra-berlusconiani al Teatro Dal Verme di Milano.

Già in queste poche frasi affiorano alcuni elementi: vi è un problema di posizionamento interno al partito di maggioranza relativa del paese. Le critiche di Galan non sono solo economiche, ma anche politiche e tese a rimarcare una notevole linea di demarcazione tra l’operato di Tremonti e il DNA originario del centrodestra italiano.

Per capire al meglio la portata della cosa, un breve passo storico, perché occorre ben capire chi sono i due soggetti di cui stiamo parlando: Giancarlo Galan è tra i soci fondatori di Forza Italia. Quando esisteva ancora questo partito deteneva, cosa da non sottovalutare visto che non si tratta di un politico di fama nazionale, la tessera numero 19 del partito berlusconiano. Uno dei pionieri del berlusconismo, “Il Colosso di Godi” come veniva ironicamente chiamato per la giovane moglie e la “villetta” in provincia di Padova è pienamente collocabile nell’alveo di quei personaggi politici attratti da Forza Italia in quanto alla ricerca della “rivoluzione liberale” e del “partito liberale di massa” (sarò ripetitivo, ma non mi scorderò mai di ricordare che la tessera numero 2 di Forza Italia era il liberale Antonio Martino e che il ministro della giustizia nel primo governo Berlusconi era un altro ex liberale come Alfredo Biondi). Dall’altra parte Tremonti fu un “acquisto” dell’ultimo minuto per Berlusconi. Servivano voti al Senato, non c’era maggioranza per il Polo della Libertà, per eleggere Carlo Scognamiglio Pasini (guarda guarda: un altro ex Pli!) alla presidenza di Palazzo Madama contro Giovanni Spadolini. Tremonti, allora senatore eletto nelle liste di Alleanza Democratica, non resiste al fascino delle sirene berlusconiane e diventa un perno di Fi nel corso della sua ultradecennale storia. Ma si tratta pur sempre di un ex sottosegretario socialista che, in ogni caso, ritrova nella creatura berlusconiana molti ex compagni di partito.

Da qui una sfida e due tendenze politiche: il liberismo che vorrebbe Galan versus una politica economica tremontiana improntata alla contingenza e influenzata spesso da sirene protezionistiche e colbertiste. Insomma: roba che piace alla Lega.

Sono due uomini, ma possono emergere anche due differenti concezioni della politica e potenzialmente un forte segnale di contraddizione nel Pdl. Del resto, abbiamo parlato prima della manifestazione di Ferrara, come non ricordare che proprio il direttore de “Il Giornale” Sallusti partecipò alla kermesse ferrariana che rivendicava quello stesso ritorno alle origini chiesto da Galan proprio sul quotidiano della famiglia Berlusconi?

Lo stesso quotidiano, che il giorno dopo l’intervista di Galan, con un editoriale di Giancarlo Perna criticava pesantemente la politica economica di Tremonti addirittura allegando al pezzo uno schemino e delle immagini sui riferimenti culturali di Tremonti. Un mossa a dir poco sprezzante e critica.

Anche perché cose di questo tipo si era già viste. Ma nel 2006, alla vigilia delle elezioni politiche. Quando un opuscolo elettorale di Forza Italia, teso ad evidenziare le magnificenze del governo, per demonizzare il favorito centrosinistra inseriva tabelle per evidenziare le profonde differenze tra la visione sociale di Adam Smith e quella di Karl Marx.

Demonizzazione. Già. Ma rivolta all’esterno. Ora questo scontro si consuma all’interno del centrodestra.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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