Riforme, Renzi vs minoranza: “Vedremo chi ha i numeri”

Pubblicato il 7 Agosto 2015 alle 14:08 Autore: Giulia Angeletti
aula di palazzo madama

In queste ore di caldo agostano il premier Matteo Renzi sta facendo i conti – non certo per la prima volta – con la minoranza del suo partito riguardo le riforme costituzionali contenute nel ddl Boschi.  C’è infatti un bel pacchetto di emendamenti, proprio adesso all’esame di palazzo Madama, che è stato presentato e firmato da ben 28 senatori. Il principale punto di frizione? L’articolo 2 del ddl, cioè quello riguardante la riforma del Senato.

Proprio ieri l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha invitato le forze politiche a non affossare il cammino delle riforme, schierandosi a favore del caposaldo del disegno di legge – il Senato non elettivo – ma scontri e  polemiche non si sono arrestate.

renzi e boschi seduti in aula

Ipotesi spaccatura, aperture anche a Fi

Renzi comunque, nonostante la maretta, non teme particolari capovolgimenti del testo né grossi scherzi della minoranza: “La cosa non mi preoccupa più di tanto, andiamo al voto e vediamo chi avrà i numeri“, è infatti la risposta del presidente del Consiglio in merito agli emendamenti presentati dai 28 dissidenti (Gotor, Migliavacca, Broglia, Casson, Chiti, Corsini, D’Adda, Dirindin, Fornaro, Gatti, Giacobbe, Guerra, Guerrieri, Lai, Lo Giudice, Manassero, Manconi, Martini, Micheloni, Mucchetti, Mineo, Pegore, Ricchiuti, Ruta, Sonego, Tocci, Tronti e Turano).

Pur di sfangarla Renzi molto probabilmente aprirà le trattative anche con Forza Italia. D’altronde i frondisti possono far rischiare la tenuta sia del partito, che del Governo: come riportato dall’Huffington Post torna a ventilarsi un’ipotesi sempre più concreta di scissione, soprattutto dopo una cena “tra ribelli”. E’ a questo punto che Lorenzo Guerini si sente di annunciare grandi aperture: “Dialoghiamo con tutti quelli che vogliono fare le riforme. Non siamo mai stati noi a chiamarci fuori”. Nel frattempo quindi anche Silvio Berlusconi vorrebbe guadagnarci qualcosa – come ad esempio qualche modifica dell’Italicum – e spera: “Quando il Pd in autunno si spaccherà Renzi sarà costretto a proporci un nuovo governo”.

Ecco gli emendamenti. Gotor: “Vogliamo un accordo preventivo”

Tra i più rilevanti emendamenti presentati dalla minoranza dem ci sono quelli sull’articolo 1 e 2 del ddl: da una parte si vorrebbe restituire al Senato competenze riguardo l’Europa, dall’altra tornare sulla questione dell’elettività dei futuri componenti di palazzo Madama. E’ proprio questo il tema dell’emendamento che reca le 28 firme.

Noi crediamo nel processo riformatore – dichiara Miguel Gotor – ma poiché il muro contro muro può metterlo a rischio invitiamo il premier a cercare, con prudenza politica, un accordo preventivo sulla via indicata con saggezza dal presidente Grasso. Sarebbe un grave errore non cogliere questa opportunità storica, magari per impuntature caratteriali. Renzi vuole davvero cambiare la riforma? E con quali voti? Con quelli di Verdini e degli amici di Cosentino, secondo la peggiore tradizione del trasformismo italico, o con la spinta riformatrice dell’intero Pd? L’articolo 2 sarà votato dall’Aula – continua il senatore – perché le versioni di Senato e Camera non sono identiche. Per evitare di mettere a repentaglio il processo riformatore consigliamo di emendarlo”. E se da una parte rimprovera, dall’altra vuole rassicurare il Pd di Governo: “Con un accordo basterebbero pochi accorgimenti per far proseguire il processo riformatore”.

miguel gotor in primo piano

Ciò che a Gotor proprio non piace è la proposta di un “listino a scorrimento”: in sostanza, secondo anche quanto ipotizzato da Gaetano Quagliarello, si tratterebbe di affidare ad una legge ordinaria il compito di stabilire i criteri secondo i quali poi le regioni indicherebbero i consiglieri destinati alla carica di senatori. “È un pastrocchio. Così il Grande Nominatore sceglierebbe anche i senatori, magari tra quei consiglieri regionali che hanno bisogno dell’immunità… La politica non è il gioco del Monopoli“, sostiene severo Gotor. Qui si inserisce anche la proposta di Chiti, il quale vorrebbe 200 sindaci eletti proporzionalmente dal Consiglio delle autonomie locali. Rilanciata anche la questione immunità per i senatori con un emendamento di Felice Casson all’articolo 7.

Ulteriori richieste riguardano ancora le competenze; senza tornare al bicameralismo perfetto, per alcune materie si richiede la competenza bicamerale come la libertà religiosa, l’amnistia e l’indulto, i diritti delle minoranze e la legge elettorale nazionale. “Vogliamo evitare che il vincitore del premio di maggioranza – continua Gotor – si ritocchi a proprio piacimento il sistema di voto. Noi non abbiamo paura del tiranno, dell’uomo nero o della svolta autoritaria, come superficialmente ci viene rimproverato. Il problema è separare le istituzioni dalla politica, perché i salvatori della patria passano e il sistema, già fragile, resta”.

L'autore: Giulia Angeletti

Giornalista pubblicista classe 1989, laureata in Scienze Politiche, "masterizzata" presso la Business School del Sole 24 Ore, attualmente è addetta stampa e redattrice per Termometro Politico. Affascinata dal mestiere più bello del mondo e frustrata dalla difficoltà di intraprendere più seriamente questa professione, pianifica numerosi "piani B" per poter sbarcare il lunario nel settore della comunicazione. Ama informarsi e leggere, odia avere poco tempo per farlo. Su Twitter è @GiuliaAngelett3
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