Referendum, l’endorsement dell’ambasciatore Usa per il “Sì”

Pubblicato il 14 Settembre 2016 alle 10:12 Autore: Giacomo Salvini

A leggere le ricostruzioni sui giornali, Palazzo Chigi non ne sapeva nulla. L’intervento dell’ambasciatore americano a Roma John Phillips – secondo cui il ‘No’ al referendum “sarebbe un passo indietro per gli investimenti italiani” – è stata una sorpresa anche per il governo Renzi. Il diplomatico statunitense – nominato da Obama nel giugno 2013 – è intervenuto ieri durante un convegno al Centro studi americani insieme al Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e al giudice costituzionale Giuliano Amato, non proprio due frondisti del “No”. Le parole di Philips hanno provocato a stretto margine molteplici repliche stizzite da parte delle opposizioni, che hanno visto nell’intervento dell’ambasciatore americano un’ingerenza indebita da parte di un paese estero sulla campagna referendaria.

Referendum, Phillips: ci vuole stabilità per attrarre gli investitori

“Il referendum è una decisione italiana – ha detto Phillips – ma il Paese deve garantire stabilità politica. Sessantatré governi in 63 anni non danno garanzia e il voto sulle riforme costituzionali offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori”. “Molti Ceo di grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum – ha concluso poi l’ambasciatore –. La vittoria del Sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il No sarebbe un passo indietro”. Ma l’intervento del diplomatico statunitense non è l’unico registrato nella giornata di ieri. Ad esso, infatti, si è aggiunto quello di Edward Parker, responsabile dell’agenzia di rating Fitch per i debiti sovrani di Europa e Medio Oriente, che ieri da Londra ha dichiarato: “Se ci fosse un voto `no´, lo vedremmo come uno shock negativo per l’economia e il merito di credito italiano”.

Il nuovo asse Italia-Stati Uniti sulla Libia

Se la mossa di Phillips non era attesa ai piani alti di Largo Chigi, è evidente come quest’ultima si inserisce all’interno di un nuovo asse Italia-Stati Uniti nelle relazioni diplomatiche. Il 18 ottobre, a poche settimane dalla sua uscita di scena, Barack Obama ha invitato Matteo Renzi e la moglie Agnese alla Casa Bianca per una cena non solo di commiato. A Obama infatti interessa molto il dossier libico da lasciare al suo successore e l’Italia in questo contesto ha molte carte da giocare, non fosse solo per una ragione di vicinanza territoriale con lo Stato nord-africano. Ieri, lo stesso ambasciatore Usa a Roma ha parlato anche di questo: “Renzi ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership”.

Referendum, è polemica sulle dichiarazioni di Philips

Dopo le parole di Phillips, sono fioccate le proteste dell’opposizione che arriva a chiedere le “scuse formali” da parte degli Stati Uniti per bocca della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Dal centrodestra intervengono anche Matteo Salvini che invita l’ambasciatore a “farsi gli affari suoi” senza interferire “nelle vicende italiane” e Renato Brunetta che in un tweet ricorda all’ambasciatore il valore dell’articolo 1 della Costituzione italiana secondo cui la sovranità appartiene “al popolo…italiano”. Sul personale invece la mette il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, secondo cui “Putin vale mille volte Obama” chiedendo a sua volta le scuse dall’amministrazione americana. Stizzito anche il commento dell’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: “Sono cose da non credere… Ma per chi ci prendono?”. Minimizza invece il Guardasigilli Andrea Orlando che parla di un semplice “consiglio di un paese amico”.

 

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L'autore: Giacomo Salvini

Studente di Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze. 20 anni, nato a Livorno. Mi occupo di politica e tutto ciò che ci gira intorno. Collaboro con Termometro Politico dal 2013. Su Twitter @salvini_giacomo
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