La Nato e la Russia, venticinque anni dopo

Pubblicato il 4 Settembre 2014 alle 08:55 Autore: Antonio Scafati

Sono passati quasi venticinque anni dalla caduta dell’Unione Sovietica. Era il 1991 e finiva la Guerra Fredda. A distanza di circa un quarto di secolo, la Nato e la Russia tornano a mostrarsi i muscoli a vicenda: di mezzo c’è la crisi in Ucraina, con l’Occidente che accusa Mosca di supportare attivamente i separatisti filorussi. Oggi i paesi membri della Nato si incontrano a Newport, in Galles, per un vertice che ha in agenda tante cose (dalla Siria all’Iraq passando per la Libia) ma che vede il dossier russo tra le priorità.

Gli sviluppi degli ultimi giorni impongono all’Europa e agli Stati Uniti di dare una risposta chiara. Ma come rispondere? Il punto è questo. L’agenzia Bloomberg ha sottolineato che non è priva di fondamento la volontà dell’Europa di non armare l’Ucraina: questo spingerebbe la Russia ad adottare un atteggiamento ancora più aggressivo, complicando un quadro già complicato. La via maestra resta quella diplomatica ma sul tavolo ci sono anche ulteriori sanzioni a patto però che queste “dimostrino la volontà e non la riluttanza dell’Europa nel difendere la propria sicurezza”. Ma non basta.

Il Time lo ha riassunto bene scrivendo che quello della Nato “è un dilemma: quanto essere duri con la Russia?” Obama ha definito la crisi in Ucraina un “moment of testing” per l’Europa e per gli Usa. Gli ultimi mesi hanno dimostrato che la Nato ha bisogno di tenersi al passo con i tempi.

Secondo un rapporto diffuso a luglio dal Comitato per la Difesa della Camera dei comuni inglese, è il quadro generale ad essere cambiato: la Russia a detta di Londra sta dimostrando di avere le capacità di destabilizzare aree geografiche alimentando rivolte e sostenendole in vari modi. Una ‘guerra ibrida’, in sostanza. E questo pone la Nato di fronte alla sfida di dover aggiornare la propria capacità di risposta. Come anticipato nei giorni scorsi, nel corso del vertice in Galles la Nato dovrebbe dar vita a un piano di intervento che comprenda una ‘Spearhead’, una forza di intervento capace di entrare in azione nel giro di 48 ore, “ovunque ci sia una minaccia” ha spiegato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.

Anders Fogh Rasmussen

Anders Fogh Rasmussen

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Per il New York Times, “il punto è se la Nato è in grado di frenare le mire espansionistiche del presidente Putin, a cominciare dal dare rassicurazioni ai paesi dell’Europa orientale che guardano con timore a ciò che sta accadendo in Ucraina”. Le stesse parole le ha usate il Washington Post, secondo il quale l’obiettivo del vertice Nato che si apre oggi in Galles è proprio quello di trovare il modo per spingere la Russia ad abbandonare le proprie ambizioni territoriali.

Molti analisti sottolineano che la Nato deve dimostrare la propria fermezza, deve lanciare un messaggio inequivocabile, a cominciare dalla ferrea volontà nel proteggere ad esempio i Paesi Baltici. Obama è atterrato ieri a Tallinn anche per mostrare che gli Usa non sono disposti a lasciare che i Paesi Baltici finiscano con il dover affrontare le stesse minacce che sta vivendo l’Ucraina.

“In Estonia voglio riaffermare il nostro impegno nel difendere i nostri alleati della Nato” ha detto il presidente degli Stati Uniti, annunciando anche la volontà degli Usa di rafforzare la presenza di militari americani presso la base estone di Amari. Da fugare ci sono i dubbi che spesso riemergono nella regione baltica: di fronte a una vera minaccia, la Nato sarebbe davvero pronta e disposta a reagire?

Lasciare angoli bui o zone di incertezza potrebbe tentare la Russia e spingerla a testare le reali intenzioni della Nato, ha sottolineato su Bloomberg Marc Champion, editorialista ed esperto di affari internazionali.

I paesi occidentali sanno però altrettanto bene che occorre miscelare cautela e fermezza. Un muro contro muro tra Nato e Russia potrebbe innescare una pericolosa spirale di botte e risposte. E a oggi nessuno può escludere che in fondo a quella spirale ci sia un conflitto aperto. Il pericolo va evitato, nel duplice obiettivo di lanciare un messaggio alla Russia e disinnescare la tensione.

Il vertice Nato del Galles si muoverà probabilmente su questo doppio binario: mostrare determinazione senza provocare reazioni. Sul tavolo c’è anche l’idea di creare nuove basi nell’Est europeo. Angela Merkel però ha anticipato ieri che le decisioni della Nato dovranno essere in linea con il patto del 1997 siglato con la Russia, che vieta basi permanenti nell’Europa orientale. È sull’aggettivo ‘permanenti’ che per ora si gioca.

Un deterrente efficace potrebbe essere invece rappresentato dalla nazionalità dei soldati coinvolti nella ‘Spearhead’ della Nato: i soldati dovrebbero venire dagli Usa e dall’Europa occidentale. Gente con passaporti pesanti, insomma. Ma ancora più fondamentale è che all’interno della Nato ci sia coesione. Barack Obama e David Cameron hanno espresso una comune posizione di sostegno a Kiev attraverso un intervento sul Times, esortando poi gli alleati a rispettare l’impegno di dedicare alla difesa il 2 per cento del Pil. Ma è fondamentale che tutti i grandi paesi occidentali parlino con una voce sola, condividendo obiettivi e percorsi.

Immagine in evidenza: photo by Nicolas RaymondCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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