INTERVISTA Calderoli: “Con elezioni anticipate nessuno sa con che legge si vota”

Pubblicato il 14 Aprile 2014 alle 09:20 Autore: Gabriele Maestri
calderoli lega

Parli di legge elettorale e subito viene in mente lui, Roberto Calderoli. Uno che è diventato “esperto in materia” pur avendola odiata profondamente (lo ammette lui stesso). Uno che negli anni è stato maledetto da varie parti a causa della “sua” legge, quando a detta sua dell’impianto originario era rimasto ben poco (al punto da battezzare come “porcata” il testo rimasto in piedi). Uno che ora è molto preoccupato perché, se si dovesse votare ora, non si sa con quali regole lo si dovrebbe fare, soprattutto per quanto riguarda il Senato.

Ora che il percorso parlamentare della legge elettorale sembra di nuovo fermo (ed è quasi sparito dalla scaletta dei tiggì), senza certezze sui tempi e sui contenuti finali, il vicepresidente leghista del Senato critica il testo attuale dell’Italicum (“Va verso un bipartitismo e non un bipolarismo”) e, a monte, denuncia l’ignoranza imperante in materia elettorale: “In tutta l’Italia ne capiranno due o tre persone”.

roberto calderoli

Senatore Calderoli, il suo nome è tuttora legato alla legge elettorale in vigore fino alla sentenza della Corte costituzionale: come vede attualmente la situazione?

Guardi, ricordo che, poco più di un anno fa – quando eravamo in fila davanti al Viminale per le elezioni politiche – tutti maledicevano quella legge; oggi, dopo l’intervento della Corte, tutti la rimpiangono e la benedicono…

Chi ha ragione, dunque?

Mah, credo che la legge dovesse essere modificata e migliorata; si è invece salvato il peggio e scartata la parte buona. Quello che però è inaccettabile è che, in questo momento, a precisa richiesta sia al Ministero dell’interno sia a quello delle riforme, nessuno sia in grado di dire con quale legge si dovrebbe votare in caso di elezioni anticipate, soprattutto per quanto riguarda il Senato, per il quale non esiste alcuna legge elettorale.

Lei che soluzione darebbe, ovviamente a Costituzione invariata dunque con il Senato così come è ora?

Il minimo che si sarebbe dovuto fare era mettere per tabulas, ovvero in legge, che anche al Senato ci sono le preferenze: non essendoci mai state nella storia della Repubblica, ma essendo state indicate dalla Consulta, a tutt’oggi non c’è una legge che consenta di votare.

In passato lei ha sostenuto che l’Italicum, almeno in una sua fase, era come la “sua” legge elettorale in origine: è ancora così la situazione o è cambiata?

E’ stata assolutamente peggiorata: hanno introdotto degli sbarramenti che sono finalizzati alla realizzazione di un bipartitismo, non di un bipolarismo come era il progetto originale. 

E’ mai possibile che in questo paese le leggi elettorali sembrino un caso nazionale, ma finiscano per lamentarsene quasi tutti, almeno a parole?

Mah, i casi nazionali li creano i giornali, le televisioni: non sono un sentimento della gente. I giornali decidono che la legge elettorale è il problema della vita, tutti parlano e fanno solo quello; dopodiché, una volta che non c’è più la legge elettorale e un paese dovrebbe in effetti essere preoccupato perché non si è in condizione di andare al voto – e la legge elettorale è una legge obbligatoria – ecco che nessuno si preoccupa più, il problema non c’è più.

Ma Calderoli come è diventato esperto della materia elettorale?

Eh, si studia, quando devi occuparti di una cosa la studi… Era la materia che odiavo di più…

Quest’odio iniziale ha avuto degli effetti?

Il problema è che dopo è diventata una specie di perversione mentale: adesso sono un conoscitore della materia, volente o nolente, e spiace di lavorare in mezzo a tanti ignoranti.

A quali livelli si riferisce?

A qualunque livello: saranno due o tre persone a capire di materia elettorale.

Ma in Parlamento?

No, a livello generale in Italia.

E come si cambia questa situazione?

Studiando!

Tutti?

Tutti.

Tiene lei il corso?

Per l’amor del cielo, non si regala niente a nessuno!

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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