Pd, in bilico tre senatori dem che non hanno votato fiducia su Jobs Act

Pubblicato il 11 Ottobre 2014 alle 12:30 Autore: Giuseppe Spadaro

Il voto di fiducia in Senato per l’approvazione del Jobs act, continua a far discutere nel Partito Democratico di cui è segretario il premier Renzi.

La senatrice democratica Lucrezia Ricchiuti, ‘dissidente’ come Corradino Mineo e Felice Casson, spiega perché ha votato no alla fiducia sulla riforma del lavoro: “Il Jobs act non era nel programma elettorale, non sono stata eletta per abolire l’articolo 18, ma per difendere i lavoratori”. “Ho dato il mio contributo con gli emendamenti – aggiunge – Non condivido il fatto che sia stata chiesta la fiducia sul tema più importante, che è il lavoro. E non ho votato contro”.

Corradino Mineo

L’esponente del Pd sottolinea come la fiducia non fosse votabile “perché prima di tutto c’è una delega non delega: una delega deve avere una cornice costituzionale. C’è la possibilità che venga bocciata dalla Corte. E poi io sto nel Pd perché uno dei valori fondanti del mio partito è la difesa dei lavoratori e degli ultimi”. Tra i punti sui quali secondo i dissidenti non si poteva transigere c’è quello che riguarda i licenziamenti: “i datori di lavoro licenzieranno per apparenti motivi economici, e anche se si dimostrerà che non è così, il reintegro non c’è più”, conclude Ricchiuti.

PD, D’ATTORRE “ESPULSIONI? QUESTE COSE LE FA GRILLO NON NOI” – I tre dissidenti del Pd che al Senato hanno votato contro la fiducia al governo verranno espulsi? “Non ci sono precedenti nella storia recente del nostro partito. Queste cose le fa Grillo, non le può fare il Pd”. Lo dice, in una intervista a Il Fatto Quotidiano, il parlamentare bersaniano del Pd Alfredo D’Attorre, che replica al vice presidente della Camera Roberto Giachetti sulla disciplina di partito: “è surreale sentirlo parlare di queste cose. Proprio Giachetti presentò e votò una mozione di indirizzo per il Mattarellum in polemica frontale con il governo Letta, facendo credere che così avremmo avuto una nuova legge elettorale: un puro assist ai 5Stelle”. Il no alla fiducia da parte di esponenti del Pd “è una scelta anomala, lo riconosco, seppure presa con grande sofferenza. Ma è altrettanto anomalo procedere a colpi di voti di fiducia. Il 75 per cento dei provvedimenti di questo governo sono stati approvati così, strangolando il dibattito in Parlamento”. “Saremmo molto contenti di accelerare su temi come la lotta alla corruzione. Per la competitività economica introdurre nuove norme sul falso in bilancio o contro l’evasione fiscale sarebbe molto più importante dell’abolizione dell’articolo 18», ma «l’agenda del governo è molto condizionata da Forza Italia, una forza di opposizione, che pure era finita al margine della scena politica”, conclude D’Attorre.

pd alfredo d attorre

ZANDA – Cauto sul tema espulsioni Luigi Zanda, capogruppo PD al Senato, intervistato dal ‘Messaggero’: “Non votare la fiducia al proprio governo è un atto politicamente molto pesante. Ma voglio sentire l’assemblea. Il tema di fondo è: cos’è un partito politico, cos’è un gruppo parlamentare e cosa significa farne parte”. Ma poi avverte: “Se venisse accettato il principio che i senatori del Pd, su ciascuno di questi provvedimenti, possano votare secondo la propria particolare e specialissima opinione, il gruppo non avrebbe più ragione di esistere”.

FIDUCIA ALLA CAMERA – Cesare Damiano, ex ministro nonché attuale presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio, si dimostra perplesso sull’ipotesi di porre la questione di fiducia anche alla Camera: “Ritengo che la fiducia alla Camera sia da evitare, anche perchè non siamo di fronte a scadenze come il vertice a Milano”. E poi aggiunge: “Al Senato sono stati compiuti passi avanti, ma mi auguro ulteriori interventi alla Camera”. Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo Roberto Speranza, intervistato da ‘Repubblica’: “È chiaro che si parte con l’idea di portare avanti una discussione aperta e civile, migliorare la delega con l’obiettivo di evitare la fiducia. Ma molto dipenderà dalle minoranze, se preferiranno ostruzionismo e risse”. Sul merito della riforma, aggiunge: “La posizione della direzione del Pd è di continuare a prevedere il reintegro per alcuni licenziamenti disciplinari”. Da Speranza stop alle espulsioni: “non votare la fiducia è un atto molto grave, ma nel mio dizionario del Pd non c’è la parola espulsione”.

L'autore: Giuseppe Spadaro

Direttore Responsabile di Termometro Politico. Iscritto all'Ordine dei Giornalisti (Tessera n. 149305) Nato a Barletta, mi sono laureato in Comunicazione Politica e Sociale presso l'Università degli Studi di Milano. Da sempre interessato ai temi sociali e politici ho trasformato la mia passione per la scrittura (e la lettura) nel mio mestiere che coltivo insieme all'amore per il mare e alla musica.
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