Riforme, tre pezzi facili

Pubblicato il 28 Aprile 2014 alle 18:40 Autore: Livio Ricciardelli

Eravamo presumibilmente ad un passo dalla meta. Addirittura la legge elettorale era stata approvata da un ramo del Parlamento. Ma adesso la campagna elettorale sembra fare a pezzi qualsiasi tipo di proposta politica di provenienza governativa.

Si è iniziato col decreto Poletti: scade il 20 maggio e la commissione Lavoro di Montecitorio ha apportato delle modifiche (più simboliche che sostanziali). Il Nuovo Centrodestra, vedendo in questa mossa una concessione fatta alla sinistra Pd, va all’attacco chiedendo modifiche al Senato. Presupponendo dunque un successivo ritorno alla Camera sempre entro il 20 maggio.

“Il governo non rischia” afferma Alfano. Renzi concede questa carta alla sinistra interna (ha altre grane da sbrigare) consente ad Alfano di fare un po’ di campagna elettorale ma quel dannato decreto deve essere convertito. In tutto questo Forza Italia (“Il Cav. non sa che fare con Renzi” così parlo Giovanni Toti) la butta in caciara e lancia segnali di fumo ai fratelli coltelli di Ncd: se vi può essere utile impantanare il decreto Poletti, contante su di noi.

Riforme Istituzionali: Silvio Berlusconi da Vespa dichiara che il Senato non elettivo è una porcata e l’Italicum cosi com’è è incostituzionale. Sembra la solita sparata, ma come avrebbe detto qualcuno dalle parti delle corte danese “c’è del genio nella sua follia”: ad onor del vero nel famoso patto del Nazareno si è parlato di un superamento del bicameralismo perfetto, ma non della composizione della Camera Alta.

Al tempo stesso l’Italicum “così com’è” è incostituzionale nel senso che è passata la linea dell’emendamento D’Atorre (la legge riguarda solo la Camera in vista della stessa riforma del Senato). In tutto questo Renzi non aveva considerato che ad ogni elezione europea il Parlamento “va in vacanza”. Il 25 dunque è una data difficilmente rispettabile. Ma giustamente bisogna tenere il fiato sul collo ai Senatori.

Fronte Interno: si era ad un passo dalla meta, proprio nel momento in cui si registrava meno frequentemente la voce di Roberto Giachetti e degli scioperi per la riforma elettorale (un caso? Per i radicali si, per la politica no). Adesso che “la meta è qui vicina” Giachetti propone di far saltare il tavolo: si voti col Consultellum. Punto di forza renziano, quello di tornare a votare, ma che nasconde “profumo di sola”. Lo stesso Renzi, spronato da Napolitano, ha segnalato che, al massimo, si accantona la riforma del Senato, si cambia la legge elettorale e poi si vota.

Si, ma con l’emendamento D’Attorre. E con un proporzionale puro per la Camera Alta. Tempi di elezioni, tempi duri per il governo. Passata la corriera europea, il tasso d’ipocrisia dovrebbe sensibilmente ridursi.

Non disperate.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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