Intervento russo in Siria: come hanno reagito gli Stati Baltici

Pubblicato il 16 Dicembre 2015 alle 14:22 Autore: Redazione
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Intervento russo in Siria: la logica dell’intervento russo in Siria è apparentemente quella di ricevere il riconoscimento occidentale di alleato indispensabile nella lotta al terrorismo; ma il fine del Cremlino è di trovare, tramite una coalizione internazionale, l’appoggio occidentale ai suoi primari interessi in Ucraina. Infatti, Mosca a volte richiama il modello della seconda guerra mondiale della “alleanza anti-Hitler”, basato su sfere d’influenza e su linee di demarcazione; ma questo è ingannevole. La strategia russa è la promozione del “disturbo”, non di un nuovo “ordine”, cerca un sistema dinamico di compromessi, piuttosto che una grande alleanza e un grande disegno tipo “Yalta”.

Intervento russo in Siria: come hanno reagito gli Stati Baltici

La nuova strategia di guerra russa fonde minacce di sicurezza soft e hard: la propaganda e le politiche destabilizzanti creano un ambiente praticabile alle incursioni militari. Senza la foglia di fico della legittimità e senza aver in anticipo destabilizzato l’ambiente, la Russia non si muove. Mosca, cercando il coinvolgimento di tutta la comunità internazionale, ha promosso in seno alle Nazioni Unite la base della legittimità per il suo intervento in Siria

I Paesi Baltici nel 2014, hanno aderito alla coalizione diretta dagli Stati Uniti: “circa quaranta paesi, inclusi gli Stati baltici, hanno espresso la disponibilità a fornire sostegno alla coalizione internazionale” ha detto Karlis Eihenbaums, un portavoce del ministero degli esteri della LettoniaQuest’anno invece, nella coalizione indetta dalla Russia, i leader della Lituania, Lettonia ed Estonia hanno deciso di non partecipare alla lotta contro lo Stato Islamico. Il presidente lituano, Dalia Grybauskaite, ha sostenuto la posizione con il fatto che la Russia “dirige operazioni militari terroristiche in due paesi: Ucraina e Georgia”. Il presidente della Lettonia, Raimonds Vejonis, ha sottolineato che la “critica situazione delle frontiere meridionali europee non deve distogliere l’attenzione dall’Ucraina. La lotta contro il terrorismo e la risoluzione del conflitto in Siria non deve succedere a scapito dell’Ucraina”, mentre a sua volta, il presidente estone Toomas Hendrik, ha definito la Russia come un “aggressore”.

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Marius Laurinavicius, un ricercatore presso il centro per le Analisi delle Politiche Europee, con base a Washington ha recentemente dichiarato: “Le dichiarazioni del presidente della Lituania possono influenzare in modo significativo la posizione dell’UE, che funziona secondo il principio del consenso. Lo stesso vale per le sanzioni. Tuttavia, è possibile che paesi come la Francia, inizino a cooperare con la Russia; ma la Lituania s’opporrà”. “La dichiarazione fatta da Grybauskaite riflette la coerente politica lituana e dei paesi baltici – continua Laurinavicius – I politici baltici hanno ripetutamente usato queste parole. Questa è la nostra missione, dobbiamo risvegliare i paesi occidentali. Sì, dobbiamo lottare insieme contro il terrorismo internazionale, ma la Russia non può essere un partner in questa lotta. La Russia agisce spesso come uno Stato terrorista”.

“In Occidente, ci sono un sacco di malintesi su ciò che sta facendo la Russia. Quello che è successo a Parigi ha giocato con forza nelle mani della Federazione Russa – prosegue il ricercatore – dopo tutto, subito dopo gli attentati di Parigi, la Russia ha annunciato d’aver indagato sulle cause della catastrofe del suo velivolo in Egitto, dichiarando che si doveva essere uniti contro il terrorismo. Ma ora l’Egitto, l’unico Stato autorizzato a rendere dichiarazioni sull’accaduto, nega che si fosse trattato di un atto terroristico. È la prova che la Russia si muoveva per altri fini”. Zaneta Ozolina, un politologo e professore dell’Università della Lettonia a Riga sostiene che: “Gli Stati baltici ricordano le ambizioni russe in Ucraina, l’occupazione della Crimea e l’attività di destabilizzazione interna negli stati target e questo rende la cooperazione con la Russia un affare molto complicato. La Siria è una piattaforma dove s’incontrano diversi interessi. I paesi europei hanno due opzioni: ignorare la Russia , o provare a rendere possibili i negoziati con il Cremlino, ma non voglio nemmeno parlare di un’alleanza con la Russia”.

Gabrielis Bedris

L'autore: Redazione

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