Usa 2016, Trump e l’ipotesi ritiro

Pubblicato il 19 Agosto 2016 alle 15:26 Autore: Redazione
Donald Trump

Se il “lancio dell’offesa” o il “tiro della scelta sbagliata” fossero specialità olimpiche, avremmo senza dubbio già il nostro vincitore: il candidato del partito Repubblicano Donald Trump. Dopo il quasi plebiscito delle primarie e la Convention di Cleveland che ne ha sancito la nomination, il miliardario newyorkese si è lanciato in una serie di azioni del tutto discutibili e che lo mostrano fortemente in affanno. I pesanti attacchi alla Clinton (“demonio” e “fondatrice dell’Isis”), lo scontro con il padre di un eroe di guerra musulmano e con l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, le tensioni all’interno del Partito Republicano che fatica ad accettarlo realmente come proprio candidato. Tutto questo, e molto altro, sta mettendo in seria difficoltà il candidato repubblicano, che nelle ultime settimane è riuscito a collezionare una serie di mosse sbagliate con una pesante ricaduta sui sondaggi (ad oggi è indietro di circa 10 punti rispetto a Clinton).

Donald Trump on Hillary Clinton and the Second Amendment (C-SPAN)

Moore: Trump sta “autosabotando” la sua campagna

Un Trump totalmente umorale, che spaventa il suo partito e l’elettorato moderato, e che vede Hillary sempre più lontana e difficile da raggiungere. La situazione intricata lascia aperte le porte a una serie di congetture e voci, tra cui una che diventa, giorno dopo giorno, sempre più insistente: Trump alla fine potrebbe decidere di ritirarsi. Pochi giorni fa il regista Michael Moore, in un post sull’Huffington Post, ha rivelato che Trump “non ha mai voluto essere il candidato Repubblicano” né tantomeno fare il presidente, ma ha usato la sua candidatura come strumento di negoziazione con i network televisivi. Per tale motivo, ha continuato Moore, il magnate americano sta volontariamente “autosabotando la sua campagna”, in previsione di un ritiro o favorendo una sua sconfitta.

Trump e l’ipotesi ritiro

Effettivamente, così tanti errori sono difficilmente spiegabili anche per una personalità imprevedibile come il magnate newyorkese. Le voci di un ritiro sono sempre più insistenti, e si dice che il partito stia già vagliando la strada da percorrere nell’eventualità. Una strada complicata: le regole del partito repubblicano descrivono il percorso da intraprendere in caso di ritiro o morte di un candidato, ma sarebbe la prima volta nella storia del Gop di un cambio in corsa a meno di cento giorni dall’election day. Tuttavia, queste ultime rimangono tutte congetture, e al momento dallo staff del candidato escludono con forza tale ipotesi.

Giorgio Mirando

L'autore: Redazione

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