Matteo Renzi: il rilancio del partito sta affondando L’Unità

Pubblicato il 20 Gennaio 2017 alle 15:30 Autore: Camilla Ferrandi
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Matteo Renzi: il rilancio del partito sta affondando L’Unità

L’Unità è in crisi. Il Pd è in crisi. Questi sono due dati di fatto. Il segretario del Partito Democratico deve affrontare molte sfide e, prima di tutto, deve rilanciare il partito e sé stesso, in vista delle nuove campagne elettorali che il Pd e i suoi candidati dovranno affrontare. Con molta probabilità, tutti questi impegni più direttamente elettorali, hanno messo il rilancio del quotidiano in secondo piano. Se non in terzo.

Matteo Renzi: il rilancio del partito sta affondando L’Unità

A inizio 2017, l’Unità è nuovamente in crisi. E questa volta a salvarla non ci sono i gadget in allegato a pagamento di veltroniana memoria, né, tantomeno, donazioni da parte delle sezioni di partito, le due principali ancore di salvezza del quotidiano durante gli anni ’90, prima dell’inizio del processo di “privatizzazione” della testata. Oggi c’è un Renzi silenzioso, assente, lamenta il direttore de l’Unità Sergio Staino. Direttore del quotidiano dal 15 settembre 2016, il suo compito doveva essere proprio quello di rendere l’Unità un giornale al passo coi tempi e, soprattutto, pur rimanendo “giornale di partito”, del Partito Democratico precisamente, rilanciarlo ad essere arena di confronto democratico e strumento di battaglia culturale, oltre che politica.

“Voglio un giornale bello, di tante pagine e non preoccuparti per i soldi… quelli ci sono!”, raccontava Staino nel sua lettera/editoriale di qualche giorno fa, ricordando il congedo di Renzi da Palazzo Chigi prima della sua nomina a direttore. “Pensavo che il giornale ti servisse per ravvivare quella base che nel territorio si sta disperdendo nell’astensionismo o, peggio ancora, nel grillismo – continua Staino nel suo editoriale -. Pensavo ti servisse uno strumento per ricucire queste forze, per rimetterle in circolo, per far sì che dalla base ti arrivasse quell’ondata di rinnovamento che caratterizzò la tua prima uscita, quella del rottamatore, e che ti avrebbe aiutato a riporre il partito alla centralità del nostro lavoro politico”.

Matteo Renzi: il De profundis per l’organo stampa del Pd

Il problema sta proprio qua. Il comportamento di Renzi nei confronti della crisi de L’Unità dimostra una discrepanza tra Pd e il “giornale di partito”. Ma non è solo il comportamento del Partito Democratico, e in special modo del suo segretario, a fare da deterrente a questo rapporto in crisi. Il divorzio tra partito e giornale di partito risale alla fine degli anni ’80, inizi anni ’90. E’ diretta conseguenza dell’esaurimento del partito di massa. Ed è proprio la fine del PCI, in questo specifico caso, a rappresentare il tramonto della stagione fiorente de L’Unità, fondata nel 1924 da Antonio Gramsci, a tre anni dalla nascita del Partito Comunista d’Italia.

Gli anni ’90 hanno visto l’inizio dell’annaspare del quotidiano, che dopo cambiamenti di direzione, “sprazzi di genio” vari da parte degli stessi per rilanciare le vendite, e investimenti pubblici, inizia il suo processo di privatizzazione, cui seguirà la chiusura nel 2000. La rinascita avverrà un anno dopo, ma grazie al rilevamento da parte di un gruppo di imprenditori. Chiuso nuovamente nell’agosto 2014, riuscirà il 30 giugno 2015 grazie a un notevole afflusso di capitale pubblico. Ad oggi il Partito Democratico è socio di minoranza, detenendo il 20% di Unità srl, mentre Pessina Costruzioni risulta socio di maggioranza con l’80% del patrimonio azionario.

Matteo Renzi: in una parola licenziamenti

Ad un anno e mezzo dal ritorno in edicola, la crisi economica de L’Unità si è fortemente aggravata: solo 7000 copie giornaliere vendute (esclusi gli abbonamenti), perdite intorno ai 400mila euro al mese e una raccolta pubblicitaria quasi inesistente. L’11 gennaio 2017 l’amministratore delegato, Guido Stefanelli, ha comunicato ai giornalisti del quotidiano cartaceo L’Unità che bisogna “Procedere immediatamente con una riduzione del personale senza percorrere la strada degli ammortizzatori sociali. In una parola: licenziamenti”.

Nel comunicato si fa anche riferimento alla necessità di ricapitalizzazione della testata, alla cui mancata realizzazione seguirà, obbligatoriamente, l’apertura delle procedure per il fallimento. Nei giorni successivi alla comunicazione dei licenziamenti, i giornalisti de L’Unità hanno deciso di entrare in assemblea permanente e di indire scioperi, con il conseguente stop delle pubblicazioni del quotidiano.

Matteo Renzi:  la lettera aperta della redazione

Oggi L’Unità pubblica una lettera aperta del comitato di redazione a Renzi: “L’1 Febbraio si avvicina inesorabilmente – giorno in cui si terrà l’assemblea dei soci – e il rischio che l’Unità venga messa in liquidazione si fa sempre più concreto. Stavolta sarebbe davvero la fine. La fine di una storia lunga 93 anni, di una testata che tanto ha rappresentato nelle vicende della sinistra e nel panorama dell’informazione del nostro Paese. La fine del lavoro per 36 giornalisti e poligrafici. Noi faremo di tutto perché ciò non accada. Ma il futuro de l’Unità è oggi nelle mani dei soci de l’Unità srl che, entro l’1 Febbraio, devono trovare una intesa sulla ricapitalizzazione (5milioni di euro), senza la quale è game over”.

Attesa una risposta. Atteso, soprattutto, il 1 febbraio, in cui si saprà effettivamente la sorte del quasi centenario quotidiano. Ma se sopravviverà, un rinnovamento sarà necessario. Quando i modelli cambiano, è compito dei vecchi modelli stessi iniziare un processo di rinnovamento per stare al passo con i tempi. Un “giornale di partito” che abbia le stesse caratteristiche dell’organo da Prima Repubblica è un modello che non funziona più, cosa che L’Unità ha testato a sue spese, più volte. Abbandonare paradigmi non più attuali per interpretare le nuove sfide di una società in continuo cambiamento dovrebbe essere il primo passo, ma non solo per L’Unità. Prima di tutto per il Pd e per tutti i partiti con una lunga tradizione alle spalle.

L'autore: Camilla Ferrandi

Nata nel 1989 a Grosseto. Laureata magistrale in Scienze della Politica e dei Processi Decisionali presso la Cesare Alfieri di Firenze e con un Master in Istituzioni Parlamentari per consulenti d'assemblea conseguito a La Sapienza. Appassionata di politica interna, collaboro con Termometro Politico dal 2016.
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