Il giornalismo fa venire il cancro, lo dice la scienza

Pubblicato il 14 Febbraio 2018 alle 11:15 Autore: Nicolò Zuliani

giornalismo

 

Il giornalismo fa venire il cancro, lo dice la scienza

Il professor Paul Kelley, dell’università di Oxford, durante il British science festival di Bradford ha dichiarato che i giovani inglesi perdono circa 10 ore di sonno a settimana. Ha proposto le scuole comincino più tardi, per “migliorare la vita di una generazione”. Lo studio si chiama Teensleep project. Due settimane dopo, Giornalettismo titola: “Lavorare prima delle 10 di mattina fa male alla salute, lo dice la scienza”. È come se un professore di medicina a un convegno dicesse “a Rimini c’è un eccesso di meteorismo” e due settimane dopo Repubblica titolasse “Rimini: emergenza gas tossici”. Perché tanto pressapochismo? Lo spiega Linkiesta, in un articolo apparso il 6 dicembre 2017:

 

Interessante.
Peccato due mesi dopo lo stesso giornale ci dica che

 

 

Linkiesta non cita lo studio da cui avrebbe tratto questa sconvolgente rivelazione, perché non ha la più pallida idea di quale sia. È stato letto in un sito inglese, che a sua volta non lo citava, e via col telefono senza fili dove nessuno legge la fonte e tutti reinterpretano. L’origine è questa pubblicazione sul sito di Cambridge, non su Pubmed o Lancet. E lo studio, già di per sé molto discutibile, si conclude così:

 

“there are limitations to our results. Finding reliable and valid measures of attractiveness is challenging. Many of our analyses rely on a single, subjective assessment of an individual’s physical appearance taken at a particular moment in time, rather than a measure captured repeatedly. It is possible that the subjective assessment is somehow contaminated by other factors that are a part of the interview process, including respondents’ responses to the survey.”

 

Il giornalismo riassume “Se sei bello voti a destra: lo dice la scienza”.
Il titolo corretto avrebbe dovuto essere “dodici studenti di Cambridge inventano studi farneticanti per fornicare e qualcosa trapela”. E questo è solo un esempio.

Mi delizia la mestizia

Se mi basassi sull’editoria digitale italiana, penserei che le mie donazioni alla ricerca scientifica servano a scoprire che Natale è il periodo più stressante dell’anno, gli uomini sono più felici delle donne, l’amore romantico non esiste, gli uomini sono il sesso debole, i supereroi inquinano troppo, le donne sono generose e gli uomini egoisti, secchioni si nasce, esiste il numero giusto di pisciate al giorno, chi ha un cane vive più a lungo, le donne single 40enni sono più felici, lavorare uccide, andare in bicicletta ci rende persone migliori, il porno fa male, gli uomini con la barba tradiscono di più e George Clooney ha il viso più bello del mondo. Grazie alle mie donazioni più o meno spontanee, la scienza ha scoperto l’orario migliore per scopare, e che le dimensioni del mio pene contano, ma non sempre.

In realtà sono ricerche che spesso nemmeno esistono, altre volte sono fatte coi piedi, altre sono notizie lette in inglese, tradotte male e titolate peggio al solo scopo di raggranellare click, dato che nessuno va mai a controllare. Ma il grande amore del giornalismo italiano è il cancro, su cui spara informazioni al ritmo di una mitragliatrice. Il motivo è che crea ansia e paura, quindi la gente li clicca per sapere in che modo si sta sbadatamente uccidendo. Insomma: è puro e semplice allarmismo, o terrorismo soft. Il problema è che anni di questi articoli tumor-friendly hanno esaurito i cibi e gli oggetti a disposizione. Oramai secondo il giornalismo ogni singola cosa al mondo favorisce l’insorgere dei tumori. Così ho fatto una prova.

Giornalismo: Una giornata di normale cancretudine

Mi sveglio dopo aver dormito otto ore (sono il minimo, poi aumenta il rischio di cancro) e scatto subito fuori dal letto, perché le lenzuola sono cancerogene, proprio come i materassi e i cuscini. Ieri notte avrei tanto voluto fare l’amore con la mia compagna, ma mangiare la passera causa un cancro alla gola su tre e lo sperma alimenta il cancro alla vagina. Ho fatto presente alla mia donna, però, che bere il mio liquido seminale aiuta a combattere il cancro.

Lo dice la scienza. Ho fame, vado in cucina. Il caffè è cancerogeno. Anzi, no: è pericolosa qualsiasi bevanda calda. Il tè, per esempio, se bollente è cancerogeno. Guai poi aggiungere lo zucchero: è cancerogeno. Ricordiamolo: “ai tumori piace lo zucchero”. Del resto anche una dieta ricca di proteine è cancerogena. Anche i grassi sono cancerogeni. Il che è strano, visto che la frittura fa bene. Mi verso un bicchiere di latte, ma sono incerto: previene l’osteoporosi, o fa venire il cancro alla prostata?

Non me la sento di rischiare.

Allora bevo un bicchiere d’acqua minerale a temperatura ambiente, dato che quella del rubinetto è pericolosissima e quella minerale scaldata diventa nociva. Mi fermo: il Corriere mi informa che anche l’acqua minerale in bottiglia è nociva. Vorrei mangiare un biscotto o una merendina, ma i test che hanno fatto sono “agghiaccianti”, il cancro è dietro l’angolo. Potrei mangiare una brioche, ma Report per fortuna mi ha fatto sapere che sono cancerogene. Mangio una mela, facendo attenzione a rimuovere la buccia sovraccarica di pesticidi cancerogeni. Ma nemmeno sbucciarle li elimina.

A quanto pare, la sola cosa commestibile al mondo sono i frutti di bosco.

Vorrei vestirmi, ma Repubblica mi fa sapere che l’abbigliamento è al primo posto della classifica per elementi chimici pericolosi. Conciato come un sopravvissuto alla guerra di Russia, sono sveglio da dieci minuti e ho già mal di testa. Potrei prendere un’aspirina, dopotutto una al giorno previene il cancro, ma uccide anche centinaia di persone. Esco. Lo smog è cancerogeno e dovrei mettere la maschera antigas, ma è di plastica, quindi cancerogena. Mi siedo davanti al computer (tenerlo sulle gambe è cancerogeno) e qualcuno mi telefona, ma non posso rispondere perché il cellulare è cancerogeno. A pranzo arrivo coi crampi dalla fame, vedo sfocato. Avrei almeno bisogno di vitamine, ma non posso rischiare di mangiarne troppe e aumentare il rischio di cancro.

Tiro fuori dalla mia gamella il tofu, perché non posso fidarmi della mensa. Potrebbero usare pentole cancerogene. Ovviamente mangio con le mani, perché le posate di plastica sono tossiche, quelle di acciaio potrebbero contenere nichel, quelle d’argento non posso permettermele. Termino il pasto coi frutti di bosco. Di fianco a me qualcuno sta per mangiare una pizza, ma lo fermo appena in tempo: lui non lo sa, ma è cancerogena.

La signora alla cassa mi fa lo scontrino, ma non lo tocco: può essere cancerogeno. Vado in bagno per espletare le mie ritardate funzioni corporee e mi porto un tovagliolo di cotone. Del resto, la carta igienica fa malissimo. E in bagno è come stare a Fukushima, praticamente. I deodoranti sono cancerogeni. Il dentifricio, ovvio. Ma anche il colluttorio fa venire il cancro alla bocca. E poi lacche, creme, detersivi tutti insieme appassionatamente. Tre ore dopo muoio di fame, ma senza cancro.

Conclusioni sul giornalismo

Chi è, La Scienza? E’ una persona? Scienza è il nome o il cognome? Non è chiaro. A volte sono due studenti, altre volte un’equipe di antropologi della Micronesia, altre volte dei medici che chiacchierano in pausa caffè, altre ancora delle frasi che aleggiano negli spogliatoi della palestra. Insomma: uno, nessuno e centomila. Scrivere “lo dice la scienza” come se fosse una voce dall’alto dei cieli serve a dare autorialità alle ciurmerie dette prima.

Fare terrorismo, promettere “9 modi per capire se hai il cancro” non è informazione e men che meno scienza: è spazzatura. Ironia della sorte, se il titolo degli articoli fosse “tre studenti si drogano come pterodattili e partoriscono questa perla”, la gente ci cliccherebbe sopra lo stesso, ma prendendo il testo per quello che è: un tappabuchi, tra foto di gattini, lati B da urlo, scatti puntualmente bollenti e gossip da parrucchiere. Non c’è niente di male a scrivere pezzi leggeri.

Magari, però, non a spese della comunità scientifica – e della sua credibilità.

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
Tutti gli articoli di Nicolò Zuliani →