Usa-Cina news: Pence, un nuovo approccio

Pubblicato il 10 Ottobre 2018 alle 17:08 Autore: Michele Mastandrea
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Usa-Cina news: Pence, un nuovo approccio

La guerra commerciale tra USA e Cina sembra trasformarsi, giorno dopo giorno, in un conflitto allargato a numerosi altri ambiti; ambiti in cui i due paesi mostrano posizioni sempre più divergenti. Sintesi di questa evoluzione il discorso tenuto dal vicepresidente USA Mike Pence all’Hudson Institute, think tank conservatore americano, lo scorso 4 ottobre.

Quello di Pence è stato l’attacco più duro portato da un esponente di governo americano alla Cina sin dal ristabilimento dei legami diplomatici ai tempi di Nixon e Mao; è stato di una portata pari forse solo a quelli seguiti ai fatti di piazza Tien An Men del 1989.

Gli attacchi di Pence hanno spaziato dal tema commerciale a quello di Taiwan; dalle accuse di neocolonialismo a quelle di furto di proprietà intellettuale; dal sottolineare il ruolo negativo cinese in merito ai processi di denuclearizzazione della penisola coreana al porre enfasi sulla detenzione di massa di musulmani nella regione di frontiera cinese dello Xinjiang.

Usa-Cina news: l’attacco più duro

Un simile attacco non può essere colto solo come esito delle politiche dell’attuale governo. In un paese come gli USA, dove le istituzioni del cosiddetto “deep state” contano non poco nella definizione della politica estera, le parole di Pence sembrano simboleggiare una svolta bipartisan della politica americana; direzione: una maggiore ostilità verso la Cina.

Pechino dal canto suo ha respinto le accuse di Pence; tuttavia, sembra iniziare a comprendere che la partita con Washington è solo all’inizio e che probabilmente non vedrà un rilassamento dei toni dopo le elezioni di midterm.

Usa-Cina News: escalation militare?

Il rischio è che lo scontro commerciale possa evolvere in ambito militare; a dimostrarlo lo scontro rischiato nel mar Cinese Meridionale tra una nave americana ed una cinese qualche giorno fa. Il ‘Non ci faremo intimidire!’ pronunciato da Pence sui fatti sembra preludere ad una volontà USA di sobillare tutti gli stati ostili alla crescente autorità cinese nell’area; il fine quello di farsi affiancare nel controllo del Pacifico e nell’ostacolare le politiche di espansione cinesi.

Se per gli USA un intervento militare diretto è fuori discussione per via dei suoi costi e delle ripercussioni in politica interna, fomentare i propri alleati coprendogli le spalle non è un’opzione scartata. Vietnam, Filippine, Malesia, Brunei, ovvero gli stati in lotta con la Cina in merito alle rivendicazioni territoriali sull’area, sembrano essere così sempre più obbligati a prendere posizione; quindi, a superare l’oscillazione di questi anni tra la fiducia nella pax americana in ambito militare e la contemporanea volontà di sfruttare amichevoli rapporti con la Cina in campo economico.

Usa-Cina news: una politica indo-pacifica anti-Pechino

Non a caso negli scorsi mesi l’attivismo USA nei confronti di Giappone, India e Australia nella formazione di una politica indo-pacifica in chiave anti-Pechino è molto aumentato. La stessa recente vendita di armi a Taiwan, fortemente contestata dalla Cina – poiché ritenuta in violazione degli accordi tra i due paesi sul principio ‘Una sola Cina’ che vede Taiwan come una provincia cinese – sembra essere legata alla volontà USA di non arretrare nello strangolamento cinese che si fonda anche sul controllo dei mari e delle isole che la circondano.

Sul tema nordcoreano Trump sembra invece cercare un atteggiamento costruttivo per dare l’impressione di ottenere progressi reali; anche in chiave domestica visto l’avvicinarsi delle elezioni di midterm. Non a caso è l’unico ambito in cui un dialogo con la Cina rimane; a testimoniarlo anche il recente incontro tra il capo della CIA Pompeo e il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Detto ciò, le visioni su come costruire una effettiva road map che porti alla denuclearizzazione dell’area sono tuttora lontane.

Usa-Cina news: la risposta all’offensiva Usa

Per la Cina si pone ora l’interrogativo su come rispondere all’offensiva americana; questa, tra l’altro, arriva in un momento dove altri problemi riempiono l’agenda di Pechino. Ad esempio, la volontà di rinegoziare alcuni accordi finanziari stipulati nell’ambito del progetto delle Nuove Vie della Seta sollevate da paesi come Pakistan e Malesia rischiano di mettere in difficoltà la strategia geopolitica cinese. Questa consiste nel rispondere all’accerchiamento USA muovendo verso Ovest; cioè, per sostenere la propria economia attraverso le lucrose commissioni dall’estero ottenute per la costruzione di infrastrutture.

Non è detto che il ripiegamento economico, stimolando la domanda interna, sia un percorso vincente. Soprattutto, considerando il fatto che ridefinire la propria struttura produttiva e sociale non sarà un processo breve.

Se alcune mosse in campo economico vanno in quella direzione, gli squilibri tra aree costiere ed aree interne, così come tra grandi città e aree rurali, non troveranno subito una soluzione. Anche lo sviluppo di aziende tecnologiche di avanguardia mondiale, simboleggiato dal progetto “Made in China 2025”, è al momento nient’altro che una prospettiva ipotetica la quale vede emergere una forte opposizione americana al fatto che Pechino ottenga le tecnologie necessarie allo sviluppo del progetto, come dimostra il caso ZTE.

Usa-Cina news: fine dell’«ascesa pacifica»?

Inoltre, va ricordato che alti tassi di crescita sono alla base dell’implicito patto che sorregge la stabilità sociale del Paese (sviluppo in cambio di fiducia nella guida del Pcc); il quale nondimeno è attraversato da frequenti mobilitazioni e proteste. Sembra però sempre più difficile mantenere queste prospettive di sviluppo in mancanza di un potere maggiore sulle istituzioni globali, politiche come finanziarie; quello che gli USA descrivono come vero obiettivo della sedicente “ascesa pacifica” cinese.

Lo scorso 27 settembre il WTO ha tagliato le stime di crescita dell’economia mondiale. Dovrebbe assestarsi intorno al 3.9% a causa anche delle tensioni commerciali; era stato preventivato il 4.4%. Proprio da qui, oltre che da un possibile esito negativo al voto di midterm per Trump, potrebbe però venire una soluzione ai problemi cinesi. Infatti, le recenti politiche protezionistiche americane potrebbero alienare agli Stati Uniti il sostegno di molti stati dipendenti dallo sviluppo del commercio globale e dagli investimenti esteri, che potrebbero diminuire a causa di quanto sta avvenendo.

Il prossimo G20 a Buenos Aires farà capire se a livello globale ci sarà un rigetto delle politiche di Trump o se le nuove pratiche commerciali USA, come il recente accordo con Canada e Messico, saranno accettate come nuovo modello del rinnovato approccio al commercio internazionale statunitense, di cui la Cina potrebbe fare le spese.

Michele Mastandrea

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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