Tasso di sostituzione pensioni Quota 100 2019: lordo o netto, calcolo

Pubblicato il 2 Maggio 2019 alle 06:09 Autore: Guglielmo Sano

Quota 100: uscire dal lavoro prima della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia? Si perde circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo

Tasso di sostituzione pensioni Quota 100 2019: lordo o netto, calcolo
Tasso di sostituzione pensioni Quota 100 2019: lordo o netto, calcolo

Calcolo Tasso di sostituzione


Cos’è il tasso di sostituzione? In pratica, rappresenta il rapporto in percentuale tra la prima rata della pensione e l’ultimo stipendio o reddito percepito prima dall’uscita dal lavoro. Dunque, è la misura che quantifica la copertura previdenziale garantita in base alla carriera di un determinato soggetto.

Quota 100: il passaggio al contributivo

Attraverso il tasso di sostituzione è possibile capire, quindi, fino a che punto lo standard di vita che si aveva mentre si lavorava potrà essere mantenuto anche una volta andati in pensione. A causa delle riforme degli ultimi anni, il tasso di sostituzione è diminuito; soprattutto i più giovani ad essere penalizzati visto che sono interamente soggetti al sistema contributivo. D’altra parte, nonostante le aspettative, la previdenza complementare non è ancora riuscita a fornire un valido aiuto in questo senso.

Per capirci, con il sistema retributivo – cioè prima della Riforma Dini risalente al 1995 – il reddito da pensione raggiungeva fino all’80% dell’ultimo stipendio se raggiunti i 40 anni di contributi. Posto che l’aliquota di rendimento era del 2% per ogni anno di contribuzione, con 30 anni di contributi si raggiungeva il 60%, con 20 il 40% e così via. Dal primo gennaio 1996, invece, l’importo della pensione è legato all’entità dei contributi versati ogni anno, all’età di pensionamento e all’andamento del Pil.

Quota 100: quanto si perde?

Andando in pensione usufruendo di Quota 100, ovvero 5 anni prima della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, secondo i calcoli del Sole 24 Ore, si perde circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo. Infatti, riferisce lo studio, andando in pensione a 62 anni con 38 di contributi – di 30mila euro l’ultima retribuzione annuale – arriverà il taglio del 22% dell’assegno pensionistico che si sarebbe incassato a 67 anni.

Lavorare 5 anni in più permetterà di contare su un montante contributivo maggiore, inoltre, si avrà a disposizione un coefficiente di trasformazione maggiore. Ciò per effetto della riforma del 2011 che premia l’età maggiore e l’ammontare del montante accumulato; in generale, tra l’altro, le retribuzioni aumentano dopo i 62 anni: altro fattore che contribuisce ad aumentare l’assegno pensionistico. Insomma, chi ha un reddito “basso” dovrebbe scegliere attentamente se utilizzare o meno Quota 100 dato che, lavorando fino a 67 anni, avrà un assegno pari al 50-70% dell’ultimo stipendio.

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L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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