Lavoro a progetto 2019: esempio, significato e come si svolge il contratto

Pubblicato il 25 Aprile 2019 alle 12:30 Autore: Claudio Garau

Che cos’è e qual è la finalità del lavoro a progetto. Quali caratteristiche ha e quale evoluzione normativa ha avuto nel tempo.

Lavoro a progetto 2019, esempio, significato e come si svolge il contratto
Lavoro a progetto 2019: esempio, significato e come si svolge il contratto

Con il Jobs Act, ovvero il d. lgs. n. 81 del 2015 (“Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni“), il tema dei contratti di lavoro è stato modificato e rivisto in una chiave nuova. Tra le novità, gli interventi in materia di contratto di collaborazione a progetto, anche detto in forma abbreviata, co.co.pro. Vediamo di seguito di fare il punto con chiarezza sull’attuale situazione in questo campo dei rapporti di lavoro, dato che forse non tutti sanno che l’applicazione e l’utilizzo del contratto in oggetto è ancora possibile.

Contratto a progetto: quali origini e quale finalità?

Prima dell’introduzione del provvedimento citato, il co.co.pro. è stato una fattispecie di contratto che affiancò, senza sostituire, il collegato contratto di collaborazione coordinata e continuativa, introdotto dal noto pacchetto Treu con la legge n. 196 del 1997, su cui intervenne poi la legge Biagi sul lavoro. Per molto tempo, il contratto a progetto è stato, secondo le intenzioni del legislatore, il solo tipo di contratto valido ed applicabile per i rapporti di lavoro parasubordinato. A seguito del cambiamento del diritto del lavoro, voluto qualche anno fa dal Governo Renzi, il ricorso al co.co.pro. è stato impedito, nella generalità dei casi e salvo alcune eccezioni. Si fa riferimento alle mansioni in ambienti come i call-center o nell’ambito della ricerca, ma anche a compiti svolti da talune categorie di lavoratori come i revisori di enti o società.

Sul piano dei requisiti, per il legislatore dell’epoca poteva aversi un contratto a progetto, laddove mancasse il vincolo di subordinazione. Ma non solo. Doveva sussistere anche un percorso professionale, un progetto appunto; o un programma di lavoro. Il contratto in oggetto si caratterizzava poi dall’essere predeterminato, quanto agli obiettivi, dal committente e, poi, gestito in modo personale e libero dal collaboratore, tendendo però sempre al risultato voluto dal committente. Il fattore tempo, inoltre, non era determinante al fini contrattuali: ciò significava libertà nello svolgimento del lavoro. La finalità dell’introduzione di queste regole era, secondo il legislatore del 2003, combattere finalmente tutti i casi di utilizzo del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in cui il rapporto autonomo era solo apparente, e, in verità, nascondeva un vincolo subordinato (orario di lavoro predeterminato ed assenza di libertà nella gestione del lavoro, con ordini da eseguire). Così, fu deciso di varare questo nuovo contratto, per impedire casi di sfruttamento dei lavoratori.

Sul piano specifico delle tutele e garanzie per il lavoratore, il contratto in oggetto doveva indicare, tassativamente, elementi come: durata, retribuzione, progetto, tempi e modi del pagamento ecc. Insomma nulla, almeno nelle intenzioni del legislatore, doveva essere lasciato al caso.

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Lavoro a progetto: la situazione attuale in materia e le eccezioni in cui vale ancora il co.co.pro.

Negli anni il co.co.pro ricevette diverse modifiche da provvedimenti quali la legge Fornero sulla riforma del mercato del lavoro (n. 92 del 2012) e il decreto lavoro del Governo Letta (n. 76 del 2013). Segno che l’impianto normativo non era cristallino ed esente da aspetti nebulosi, su cui appunto il legislatore decise di intervenire. Di seguito, con il richiamato Jobs Act, lo Stato preferì l’abolizione (non totale) di tale tipologia di contratto. La normativa in oggetto dispose pertanto che, a partire dal primo gennaio del 2016, fosse applicabile la disciplina del lavoro subordinato (e tutte le relative garanzie per il lavoratore) a tutte le collaborazioni considerabili personali, continuative, di contenuto ripetitivo e con modalità di esecuzione organizzate dal datore di lavoro. Come accennato in precedenza, però, il legislatore ha ritenuto opportuno conservare il contratto a progetto per taluni ambiti lavorativi e per taluni ruoli professionali assai specialistici (ad esempio liberi professionisti iscritti ad albi e ricercatori nella scienze, amministratori e sindaci di società), evidentemente ritenendo compatibile tale istituto con specifiche mansioni.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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